digital waiter

Nuove professioni: il digital waiter

In un mondo sempre più digitalizzato ed orientato al rinnovamento costante che il più delle volte, per fortuna, equivale ad un miglioramento delle condizioni di vita di molti di noi, è inevitabile che anche il mondo del lavoro abbia dovuto adattare molte delle sue professionalità facendone nascere di completamente nuove o plasmando mestieri storici in base alle esigenze attuali. Del resto questa è una scelta inevitabile per qualunque imprenditore o semplice lavoratore e rinnovarsi è spesso sinonimo di crescita professionale oltre che di bisogno necessario per rimanere al passo con i tempi e con le richieste della maggiorparte delle aziende, piccole o grandi che siano.
Nello specifico, negli ultimi anni si è fatta largo una nuova figura professionale che, in apparenza, può sembrare il classico mestiere che quasi chiunque – soprattutto studenti universitari – comincia a svolgere per mettere da parte qualche soldo, ma in realtà si è evoluta anch’essa in base alle mutate necessità quotidiane tanto da richiedere delle competenze specifiche e avanzate per poterla svolgere.

Chi è e cosa fa un digital waiter

Stiamo parlando della figura del Digital Waiter, quello che letteralmente dalla traduzione inglese dovrebbe essere il cameriere di un qualsiasi locale, ma che oggi assume un valore e una responsabilità ben più diversa e importante. Infatti, il Digital Waiter – volendo tradurre alla lettera il cameriere digitale – è una figura chiave all’interno di qualsiasi attività commerciale dedicata all’accoglienza e alla ristorazione che, per svolgere le sue mansioni e supervisionare la gestione di ordini, consegne e altre figure lavorative a lui affiancate e di cui è responsabile, si serve si serve degli ultimi mezzi messi a disposizione della tecnologia. Più nel dettaglio, il Digital Waiter per lavorare e interagire con le persone e le loro richieste utilizza soprattutto tablet e programmi software: infatti, è ormai sempre più normale trovare locali la cui cucina interagisce e si coordina con il personale di sala non più tramite foglietti vaganti e confusionari, ma attraverso ordini effettuati digitalmente. E non solo, perché attraverso l’utilizzo del tablet il Digital Waiter gestisce i contatti con i clienti, gli ordini dei i fornitori e le richieste che permettono di organizzare al meglio il delivery, altra grande novità che è ormai diventata d’uso quotidiano e che, ovviamente, necessita di un’organizzazione digitalmente avanzata, proprio quella richiesta a questa nuova figura professionale. Infatti, proprio in merito al delivery, il Digital Waiter è colui che coordina tutti gli ordini in entrata provenienti dalle varie piattaforme digitali, che li assegna alla cucina e a tutto il suo team e, infine, che organizza gli ordini assegnandoli ai singoli fattorini che effettueranno poi la consegna. La funzione di coordinamento del Digital Waiter tra le varie figure e mansioni che costituiscono un’attività commerciale diventa di fondamentale importanza considerando anche il fatto che egli è responsabile anche della chiusura e del reporting conclusivo di fine giornata, ovviamente da gestire il tutto tramite software.
E’ chiaro, quindi, che per svolgere una professione del genere bisogna principalmente essere dei nativi digitali che si sentono a proprio agio con i computer e che sanno anche usarli in maniera veloce ed efficiente, oltre ad avere un’avanzata abilità di gestione quando c’è bisogno di gestire più situazioni contemporaneamente.

drone cameriere

Le 10 cose da NON fare con un cameriere

Una semplice guida per avere un ottimo rapporto con il cameriere del vostro locale preferito.

1- Non pensare di essere l’unico cliente

In un ristorante soprattutto in quelli più affollati il cameriere non gira mai a vuoto per la sala, pensiamo sempre che stia facendo il possibile per offrirci il miglior servizio.

2- Non chiamarlo per ordinare se non si è decisi

Entriamo nel locale, abbiamo fame, vediamo mille piatti fumanti e vogliamo essere tra i primi a essere serviti, leggiamo più volte il menu, chiamiamo il cameriere e… lo facciamo stare al tavolo minuti preziosi rileggendo ancora una volta ogni portata senza essere decisi.

3- Non chiedere gli ingredienti e/o i procedimenti di cottura di tutti i piatti

Premesso che ogni menu deve avere gli ingredienti riportati di seguito a ogni portata, non possiamo pretendere di farci elencare tutta la dispensa della cucina e i passi di preparazione di ogni piatto. Fate uno sforzo di fantasia oppure scegliete una portata come se fosse un incontro al buio.

4- Non accettare troppi consigli sulle portate

Non tutti sanno che prima del servizio, mentre il cameriere si sta per cambiare, il cuoco di turno lo istruisce sulle portate da “consigliare”. Proponi le cozze che iniziano a puzzare, i calamari hanno preso la pensione nel frigorifero e i gamberoni farebbero schifo anche a un gatto. Il bravo cameriere farà di tutto per accontentare il cuoco, anche perché altrimenti il giorno dopo si ritroverà prima del servizio una freschissima pasta allo scoglio per cena. Accettate consigli con moderazione.

5- Non comunicare le vostre allergie o intolleranza

Spensierati dal piacere di passare una serata in compagnia vi dimenticate di comunicare al cameriere le vostre allergie, affamati mangiate tutto quello che vi capita a tiro e dopo alcuni minuti iniziate a gonfiarvi come uno pneumatico. Inizia la corsa all’ospedale più vicino, la prospettiva dei vostri amici di una fantastica cena di pesce si trasforma nella ricerca degli spicci nelle tasche dei pantaloni per accaparrarsi l’ultima schiacciatina rimasta nel distributore del pronto soccorso.

6- Non attirare l’attenzione con rumori molesti

Fischiare come si richiama un cane al parco, suonare il bicchiere con la forchetta tipo tamburello o gridare come per chiamare il bibitaro allo stadio, sono comportamenti da evitare. Basta alzare la mano e fare un gesto d’intesa, il bravo cameriere sarà subito da voi, eviterete cosi di disturbare i vostri commensali.

7- Passare o non passare i piatti vuoti

In questo caso bisogna essere veramente bravi per capire la situazione. Siete seduti nel tavolo più angusto della sala, avete occupato il posto nell’angolo più remoto del tavolo e il cameriere per togliervi il piatto è costretto a un esercizio di stretching non incluso nella sua paga, passategli il piatto ve ne sarà grato.
Il cameriere si avvicina per sparecchiare il tavolo, inizia prendendo più piatti che può per evitare di fare troppi viaggi è al limite del peso sopportabile in due mani. Voi pensando di fare un gesto gentile gli porgete il piatto vuoto come se fosse pieno di scarafaggi e sbilanciate un debole equilibrio tra mano sinistra e destra rischiando di far cadere tutto e scatenare inutili insulti da parte del proprietario del ristorante.

8- Non offrirgli da bere alcolici

Se voi state passando una bella serata tra amici ricordatevi sempre che il cameriere è li per lavorare e non è un vostro amico. Frasi tipo, fatti un goccio! Prendi un bicchiere! Bevi con noi! Non sono adatte alla situazione. Non perché lui non lo farebbe o lo ritiene un invito poco gradevole, dovreste farlo per salvaguardare il suo posto di lavoro cercando di agevolare una conclusione lucida della sua giornata di lavoro.

9- Non fare troppo tardi

Avete finito di mangiare, il vostro amico cinque stelle inizia a parlare di politica, la discussione rischia di diventare un talk show e non riuscite a cogliere i piccoli segnali del giovane cameriere che ha i minuti contati perche gli amici lo aspettano per uscire. Volete ordinare altro? Grappa limoncello? Le luci intorno a voi si spengono, i tavoli sono pronti per il pranzo del giorno dopo e la sala è ormai deserta ma niente sembrate inchiodati alla sedia. Il cameriere inizia la sua vita sociale dopo la mezzanotte ricordatevelo.

10- Non lasciare la mancia

Siete stati benissimo, trattati da re, chiedete il conto e non avreste mai immaginato di aver speso cosi poco, pagate… ma non lasciate la mancia. Per un cameriere le mance sono tutto; la benzina per andare a lavorare, la peroni dal bangla sotto casa, il tabacco per farsi le sigarette in pausa o il salvadanaio per l’assicurazione con la vostra mancanza avete infranto mille sogni di gloria. Lasciate una mancia giusta e coerente con il servizio ricevuto, SEMPRE.

Il sommelier: i segreti di un lavoro diVino

Chi è
Nell’opinione comune il sommelier è colui che, avendo alle spalle un’ottima conoscenza del prodotto vinicolo, ha il compito di assaggiare e giudicare i vini, per poi servirli agli ospiti in sala. In realtà, pur avendo la cultura e la degustazione come terreno comune, l’assaggiatore e il sommelier sono due figure professionali diverse che ricoprono funzioni differenti: l’assaggiatore si occupa esclusivamente di testare il vino dandone un giudizio tecnico e una valutazione per quanto riguarda la qualità; il sommelier degusta e analizza il vino, ma poi si occupa di tutte quelle attività che concernono il contatto con il pubblico, cioè la presentazione e il servizio al tavolo, e soprattutto l’abbinamento alle portate. Quindi, se possiamo considerare l’assaggiatore uno specialista tecnico del vino, il sommelier si identifica di più con la figura di un buon comunicatore, e di conseguenza un buon venditore, capace di descrivere il vino in modo efficace, oltre che esatto.

Cosa fa
Il lavoro di sommelier si articola in due fasi: la prima, più defilata, dietro le quinte, riguarda la gestione della cantina; la seconda da protagonista, in sala, si esplicita a diretto contatto con il pubblico.
Il sommelier di un ristorante cura la cantina, di cui è responsabile, selezionando e valutando l’assortimento dei vini, che saranno attentamente scelti in base alla personalità del ristorante e alle sue proposte gastronomiche. Insieme al titolare o al direttore, procederà con l’acquisto di vini e spumanti tenendo conto del budget e dello stile del locale. Si occuperà pertanto di realizzare e aggiornare la carta dei vini, il suo principale strumento di vendita.
Un buon sommelier dovrebbe svolgere anche un’attività di scouting e quindi cercare nuove produzioni vinicole da presentare agli ospiti per arricchirne l’esperienza gustativa, “educandoli” e guidandoli in un percorso di continua scoperta.
Una parte importante del lavoro del sommelier si svolge, come abbiamo anticipato, in sala e a diretto contatto con il pubblico. A lui è riservato il compito di servire il vino (solo ed esclusivamente vino, mai acqua o altre bevande) agli ospiti. Una volta che il cliente ha scelto l’etichetta, il sommelier, dopo aver aperto la bottiglia davanti agli ospiti, deve procedere con la verifica olfattiva e l’assaggio; dopo di che deve far assaggiare a sua volta il vino all’ospite più esperto e, in seguito alla sua approvazione, servirlo a tutti gli ospiti secondo le regole e la dovuta eleganza.

Caratteristiche e competenze
Le principali caratteristiche che deve possedere chi vuole esercitare questa professione sono: una buona sensibilità olfattiva e una certa capacità di degustazione. A queste doti naturali si aggiungono le conoscenze necessarie relative al mondo del vino a tutto tondo. Per quanto riguarda l’aspetto teorico, il sommelier deve essere ben informato sulle tecniche di coltivazione, di produzione e conservazione dei vini, nonché su quelle di degustazione, ovviamente. Una buona cultura generale gastronomica completa il profilo.

Da un punto di vista più pratico, invece, deve essere abile nel servizio, nell’utilizzo degli strumenti specifici e soprattutto nella comunicazione, è fondamentale infatti che sappia instaurare un buon rapporto con i clienti, che riesca presentare il vino in modo interessante e convincente, coniugando l’analisi tecnica del prodotto al suo “racconto”.

Gli attrezzi del mestiere
Il sommelier presente in sala deve avere sempre con sé alcuni oggetti che gli sono utili per svolgere il servizio:

Il tastevin
Piccola ciotola o piattino in metallo argentato che serve per la degustazione. Si porta legato al collo principalmente per comodità ma col tempo è diventato quasi un ornamento, emblema della categoria. Oggi l’uso di questo strumento si fa sempre meno diffuso, la forma aperta della ciotola infatti non permette di valutare alcuni aspetti del vino, come il profumo; al suo posto si utilizza il bicchiere iso, un calice di cristallo considerato il bicchiere standard per la degustazione.

Il cavatappi
Il cavatappi professionale standard è composto da tre parti: la lama, la vite autofilettante e il dente di appoggio per l’estrazione del tappo. Deve essere di piccole dimensioni per poter essere tenuto sempre in tasca e avere un aspetto piacevole, sobrio ed elegante.

Il frangino
È un tovagliolo di servizio, interamente di cotone bianco o cromaticamente bipartito (una parte in cotone bianco e una in materiale antimacchia di colore rosso). Si utilizza per il trasporto della bottiglia al tavolo, per pulire e asciugare la bottiglia dopo aver versato il vino.

Il termometro
Altro accessorio imprescindibile, il termometro consente di verificare che la temperatura del vino da servire sia quella giusta, affinché le sue proprietà e caratteristiche restino intatte nel momento in cui viene versato.

Divisa
L’abbigliamento del sommelier deve distinguersi da quello del resto del personale di sala. Generalmente indossa lo smoking, ma in situazioni particolarmente formali o eleganti è raccomandabile indossare il frac. In alcuni ristoranti il sommelier indossa un grembiule lungo nero, abbinato a camicia bianca e pantaloni neri.

Percorso formativo e sbocchi professionali
Quella del sommelier è una professione altamente qualificata, e il “comunicatore di vino” è ormai universalmente riconosciuto come figura chiave nella ristorazione, oltre ad aver acquisito anche un certo prestigio sociale.
Per diventare sommelier è necessario seguire un corso della durata di circa tre anni (per accedere al corso non sono richiesti titoli di studio) al termine del quale si entra in possesso di un attestato. Le due associazioni italiane che possono rilasciare questo certificato sono: l’Associazione Italiana Sommelier (ais) e la Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori (fisar). Durante questo percorso formativo si acquisiscono conoscenze e competenze nel campo dell’enologia, dell’enografia (la geografia del vino) e sui principi dell’abbinamento con il cibo.
Gli sbocchi professionali sono molteplici e numerosi: si può lavorare nei ristoranti o nelle enoteche di alto livello, nelle cantine, nelle aziende vinicole come consulenti; si può essere ingaggiati per fiere e manifestazioni gastronomiche, o essere impiegati nella grande distribuzione. Dopo aver maturato una certa esperienza si può anche diventare wine manager presso grandi aziende che operano nella ristorazione o presso catene alberghiere.

Bravi, ricchi e famosi. 10 chef che sono diventati delle star

Il mestiere di chef richiede, oltre ad una consistente dose di creatività, molto impegno e fatica, una lunga gavetta e tanta esperienza sul campo. Non sempre tutta questa preparazione basta a garantire un buon posto di lavoro e un ottimo stipendio, in molti casi i risultati che si ottengono non sono corrispondenti alle aspettative e all’impegno profuso. Ma a volte, quando la bravura si unisce a una certa destrezza imprenditoriale, a una particolare disinvoltura di fronte alle telecamere e a un pizzico di fortuna, lo chef diventa una vera e propria celebrità, entra a far parte dello star system e porta a casa guadagni record. Non sono numerosissimi gli chef che corrispondono a questo ritratto e che possono vantare una visibilità a livello mondiale, ma tra questi ci sono senza dubbio i dieci che passiamo in rassegna qui di seguito.
Gordon Ramsay
Scozzese di nascita e aspirante calciatore, Ramsay ottiene molto presto riconoscimenti e visibilità: con il suo primo ristorante, il Gordon Ramsay, aperto a Londra nel ‘98, si aggiudica, nel 2001, la terza stella Michelin. Lo chef ha sempre mostrato una certa vocazione internazionale: dal 2005 inizia ad aprire e inaugurare una serie di ristoranti sparsi su tutto il globo che andranno a costituire il suo impero. I suoi guadagni già ottimi si fanno stellari nel momento in cui diventa un volto noto della tv, conduttore di molti e fortunati programmi andati in onda anche in Italia, come Cucine da Incubo e MasterChef Usa.
Alain Ducasse
Ducasse è uno dei cuochi più conosciuti e stimati del mondo. Oltre ad essere chef, è un grande imprenditore che guida una holding, con un fatturato di 700 milioni, che comprende alberghi, ristoranti, corsi di formazione e una casa editrice. Nella sua storia professionale ci sono 19 stelle Michelin, 27 ristoranti e 1500 dipendenti al suo servizio. I suoi fiori all’occhiello sono il Louis xv a Montecarlo, dove Ducasse risiede da molti anni, il ristorante Alain Ducasse dell’l’hôtel Plaza Athénée a Parigi, e Le Jules Verne sulla cima della Tour Eiffel.
Ferran Adrià
Lo chef-guru Ferran Adrià è famoso in tutto il globo per il suo ristorante catalano El Bulli, tempio della cosiddetta cucina destrutturata o molecolare, un locale pensato non come luogo in cui mangiare ma dove vivere un’esperienza gustando piatti “tecno-emozionali”. La cucina sperimentale di Adrià, i cui ingredienti principali sono la sorpresa e la provocazione, è diventata nota in tutto il mondo per il fatto di combinare la preparazione del cibo con le leggi della chimica e della fisica. Per la sua creatività, lo chef spagnolo è stato spesso paragonato ai grandi artisti del ‘900 e celebrato in varie mostre. Attualmente sta lavorando alla trasformazione di El Bulli, chiuso nel 2011, in un museo-centro ricerche culinario.
Réne Redzepi
Réne Redzepi è il titolare, dal 2004, del famoso Noma di Copenaghen, nominato per diversi anni ristorante migliore del mondo. La cucina tipicamente nordica di Redzepi ha saputo conquistare critici e colleghi per la capacità di manipolare e reinventare i pochi ingredienti della terra danese, scelti attentamente e acquistati a non più di 70 km di distanza dal suo ristorante. Il giovane Redzepi riproduce in tavola i paesaggi scandinavi, trasformando in modi inaspettati e inediti le materie prime del territorio e di stagione. Una cucina audace, eredità del periodo formativo trascorso con Ferran Adrià.
Joan, Josep e Jordi Roca
I tre fratelli Joan, Josep e Jordi Roca, unendo le loro competenze come chef, sommelier e pasticciere, hanno reso il ristorante di famiglia un luogo di culto della cucina internazionale. Il pluristellato Celler de Can Roca, a Girona, è considerato uno dei migliori ristoranti al mondo per l’innovazione e la ricerca da cui prendono origine i suoi piatti. La cucina dei fratelli catalani nasce dalla tradizione familiare ma anche da uno studio approfondito che sfocia in invenzioni e tecniche all’avanguardia. Il Roca chef ha brevettato alcuni macchinari, come ad esempio il “polmone meccanico”, mentre il fratello pasticciere ha escogitato un modo per riprodurre i profumi e le essenze più famose al mondo in forma di dessert.
Joe Bastianich
Bastianich forse non è un vero chef ma di sicuro è un vero imprenditore, capace di gestire e portare al successo una trentina di attività, tra ristoranti e aziende vinicole, contemporaneamente. Ma soprattutto è un uomo di spettacolo, molto a suo agio di fronte alle telecamere, come sua madre Lidia d’altronde, cuoca, scrittrice di libri di ricette e conduttrice di varie trasmissioni televisive americane. Nella veste di temuto e severo giudice, Bastianich ha partecipato all’edizione italiana, americana, polacca e cinese di MasterChef.
Jamie Oliver
Non è particolarmente noto in Italia, ma con 19 programmi televisivi all’attivo, 13 libri pubblicati e 11 dvd delle sue ricette, il “naked chef” Jamie Oliver, così soprannominato dal titolo di una sua trasmissione, diventata anche un libro best seller, si è assicurato una grande popolarità presso un pubblico internazionale. Giovane, inglese, deve la sua fortuna alla semplicità della sua cucina e al fatto di aver divulgato la filosofia secondo la quale tutti possono improvvisarsi chef.
Joël Robuchon
È lo chef più stellato in assoluto, ambasciatore della cucina francese nel mondo, ha ristoranti sparsi in ogni paese, da Parigi a Montecarlo, da Londra a New York, passando per Las Vegas, Singapore e Hong Kong. Dal 1996 è diventato volto noto partecipando a numerose trasmissioni televisive di vario tipo acquisendo popolarità presso il grande pubblico francese e non.
Nobu Matsuhisa
Chef giapponese pluristellato, attore e amico di star hollywoodiane del calibro di Robert De Niro (con cui ha aperto una catena di ristoranti), è noto soprattutto per aver codificato la cucina fusion, creando piatti che uniscono gli ingredienti più tipici della tradizione giapponese con quelli della cucina sudamericana. A Matsuhisa si deve in buona parte il successo del sushi e della cucina nipponica esploso nell’ultimo decennio, su cui ha saputo costruire un impero fatto di 25 ristoranti sparsi nei cinque continenti.
Heston Blumenthal
È titolare del Fat Duck, ristorante situato a Bray, nel Berkshire, dove si va non tanto per mangiare quanto per divertirsi ed essere sorpresi dalle estrose proposte dello chef. Formatosi da autodidatta, l’“alchimista culinario” Blumenthal si è guadagnato un posto al sole nell’olimpo gastronomico internazionale unendo la tradizione culinaria british a sperimentazioni, trovate e tecniche proprie della cucina molecolare. È protagonista di vari programmi tv e autore di libri.

Barista, barman o bartender? Affinità e differenze

Per la maggior parte delle persone il barista o barman è colui che, dietro al bancone, miscela cocktail, serve bevande, prepara snack e stuzzichini e, a volte, panini o piatti semplici, che lo si chiami col tradizionale nome italiano o con il termine inglese corrispondente (capace di veicolare un’immagine decisamente più cool e contemporanea).
In realtà tra barista e barman esistono differenze che vanno oltre quelle linguistiche. Il barista si occupa di preparare e somministrare bibite e cibi, nonché tutti i prodotti di caffetteria. Il barman invece è un professionista specializzato nella preparazione di bevande alcoliche come cocktail e long drink, ed è noto in America anche come “mixologist”, cioè dottore della miscelazione. Il barista lavora soprattutto in bar, ristoranti, alberghi, imprese di catering; il secondo trova la sua collocazione naturale in discoteche, pub e locali notturni.
Esiste poi una terza categoria di professionisti che operano dietro il bancone, i bartender, che, per quanto simili ai barman classici, se ne differenziano per alcuni tratti. In generale, il barman prepara le bevande alcoliche utilizzando tecniche e strumenti tradizionali, mostra maggiore attenzione alle ricette e alla presentazione dei drink; avendo un approccio più “raffinato”, è più legato ad ambienti di un certo livello, come grandi hotel e lounge bar. Al contrario, il bartender lavora con un approccio più moderno e utilizza tecniche che velocizzano molto la preparazione dei cocktail, ciò rende questa figura particolarmente adatta a gestire le situazioni e gli ambienti con maggiore affluenza, come discoteche e pub. A questa seconda categoria appartengono i barman acrobatici e freestyle, cioè quei barman capaci di padroneggiare tecniche spettacolari volte ad attirare l’attenzione del pubblico e a calamitare così numerosi avventori. Nel gergo del settore l’insieme delle tecniche acrobatiche si chiama flair. Lo stile flair comporta la preparazione dei drink in maniera rapida ed estrosa, prevede ad esempio versaggi contemporanei, prese e lanci di bicchieri o bottiglie davanti e dietro la schiena. Tutto ciò ha lo scopo di sorprendere il cliente, intrattenerlo, renderlo partecipe e incline a fare conoscenza con gli altri avventori, e ciò si traduce in un incremento di consumazioni, prestigio per il locale e acquisizione di nuovi clienti. I bartender più bravi, una volta giunti all’ultimo stadio nell’arte della miscelazione, possono partecipare a competizioni ed esibizioni di settore.
Molta della popolarità che la categoria dei bartender ha acquistato, soprattutto agli occhi dei più giovani, e la diffusione dell’immagine vincente del barman, deriva da un film di successo degli anni Ottanta, intitolato Cocktail e interpretato dall’attore Tom Cruise. Nel film, un giovane ambizioso, Brian Flanagan, inizia come semplice barista in un locale di New York per diventare presto il più noto barman di Mahattan grazie alle sue spettacolari esibizioni e all’invenzione di uno speciale cocktail.
Sebbene il barman acrobatico possa sembrare una figura contemporanea, legata alla moda degli ultimi anni, occorre ricordare che il flair bartending è stato messo a punto più di 150 anni fa. L’inventore delle acrobazie da bar è l’americano Jerry Thomas (1830-1885), noto anche come “il professore” in quanto è stato il primo nella storia a dare una dimensione più creativa al lavoro del barista, il primo a realizzare un ricettario di cocktail e il primo a preparare drink in modo spettacolare, miscelando cocktail con tecniche sorprendenti ed elaborate, muovendo in aria bottiglie e miscelatori come un inedito giocoliere. Sempre a lui si deve l’invenzione di alcuni strumenti, ancora oggi largamente impiegati, come i metal pour, dosatori metallici che permettono di versare quantità molto precise di liquido da una bottiglia.
La notorietà di Thomas non è però legata solo alle sue abilità manuali, il padre dell’arte di miscelare i cocktail si dimostrò infatti particolarmente abile negli affari (tanto che riuscì ad aprire e gestire molti bar di successo) e nella promozione delle sue attività. Il suo intuito in campo pubblicitario è ammirevole, digiuno (per ovvie ragioni cronologiche) di nozioni di marketing, riuscì infatti a creare un brand di se stesso rendendo la sua attrezzatura e il suo stesso abbigliamento da lavoro unico e riconoscibile. Nei locali lo si vedeva “brillare”, servire drink con gemelli di diamanti ai polsi, anelli e spille vistose; come vistosi erano anche i suoi ferri del mestiere, decorati da pietre preziose. Il successo di Thomas fu tale da portarlo a guadagnare cento dollari a settimana, cifra superiore a quella percepita all’epoca dal vice presidente degli Stati Uniti.
Le mansioni del barista e del barman, come abbiamo visto, variano in base al luogo di lavoro e al tipo di specializzazione del locale, ma in generale si può distinguere la situazione in cui il barista -barman sta solo ed esclusivamente dietro al bancone, da quelle in cui si occupa anche della cassa, delle forniture, del servizio ai tavoli.
Come per tutte le attività che implicano un contatto frequente e prolungato con il pubblico, anche quella del barman/ barista richiede una certa propensione alla comunicazione e al rapporti con gli altri, pazienza e capacità di mediazione in ogni situazione. La rapidità e l’efficienza nel servizio sono ovviamente requisiti importanti, soprattutto per far fronte alla folla di clienti nelle ore di punta, sia per il barista che per il barman. Una buona resistenza fisica e allo stress completa il profilo, questo tipo di lavoro prevede di rimanere in piedi per molto tempo e costringe a ritmi abbastanza frenetici.
Essendo il bar una delle attività commerciali più diffuse sul territorio nazionale (e non solo), esistono buone possibilità di inserimento, sia per lavori stagionali e temporanei sia per iniziare una carriera nel settore. Nel secondo caso sarà opportuno curare la propria formazione frequentando dei corsi o maturando più esperienze in ambiti diversi.

Lo chef: l’indiscusso re della cucina

Che lo si chiami elegantemente con un termine francese o si preferisca identificarlo con il suo nome italiano, lo chef è il protagonista indiscusso di ogni luogo deputato alla preparazione e al servizio del cibo, che si tratti di un lussuoso ristorante, dell’osteria più modesta, di un albergo o un’azienda di catering o banqueting. È un vero sovrano che esercita un potere pressoché assoluto nel suo regno: la cucina.
L’importanza che riveste il cuoco nell’economia di un ristorante è piuttosto intuitiva, è evidente che il successo di un locale che somministra cibo dipenda per buona parte dall’abilità del cuoco. Allo stesso modo però, se alcune mancanze e disservizi si possono imputare alla responsabilità dell’intero staff e della direzione, quando si tratta di cibo e piatti che non riscuotono successo c’è un unico colpevole: il cuoco. Su questa figura professionale gravano molte responsabilità, e non è certo un caso visto che il termine francese chef significa proprio capo o comandante. Assumendo il ruolo di guida della piccola comunità rappresentata dalla brigata di cucina, ne diventa responsabile a tutti gli effetti. Le mansioni del cuoco non si limitano all’ideazione e all’esecuzione delle ricette, ma riguardano anche la gestione, la selezione e la formazione del personale che lo affianca in tutte le sue attività.
Compiti e attività dello chef
Lo chef deve costruire la proposta culinaria del ristorante in cui lavora ed elaborare un menu adatto alla location e alla clientela; deve, in sostanza, plasmare l’identità del ristorante. Ciò che gli si richiede non è solo la capacità di eseguire e riprodurre nel modo migliore dei piatti, ma anche di inventarne di nuovi, di dare sfogo alla creatività adeguandola alle esigenze del locale. A lui spetta quindi il compito di redigere la carta e il menu del giorno, in accordo con il direttore del ristorante.
Non è, però, il cuoco in prima persona a cucinare l’intero menu. Generalmente questo si limita a realizzare i piatti più complessi ma garantisce per la preparazione di tutti gli altri, supervisionando i suoi sottoposti che devono lavorare nel rispetto delle norme igieniche e degli standard di qualità.
Il lavoro dello chef non è fatto solo di estro e abilità tecniche, servono anche spiccate capacità organizzative e un pizzico di senso degli affari: il capo della brigata deve occuparsi personalmente della dispensa, monitorare quindi ordini, approvvigionamenti e rifornimenti, stando sempre molto attento alla qualità delle materie prime e alla loro provenienza. Deve avere presente i costi di preparazione dei piatti e saper suggerire, o spesso stabilire, di conseguenza, il prezzo del menu.
L’organizzazione riguarda anche la gestione dello staff: allo chef spetta il compito di stabilire i turni e gli orari di lavoro, così come l’assegnazione dei giorni di congedo. Il capo della cucina affida i diversi compiti ai vari componenti della brigata e si assicura che vengano svolti nei tempi e nelle modalità stabilite. È molto importante che il capo riesca a reclutare, formare e costruire un’equipe coesa, e che arrivi a di stabilire con essa un rapporto di fiducia reciproca.
Infine il cuoco deve comunicare costantemente con la direzione che ne supervisiona l’operato e ne valuta la conformità alla politica generale del ristorante o dell’hotel.
Gerarchia e tipologia di chef
Come abbiamo visto, il cuoco o chef ricopre il ruolo di “direttore generale” nel limitato, ma complesso, campo d’azione della cucina. Gli specifici compiti di questa figura professionale, tuttavia, variano sensibilmente in base alla posizione che essa ricopre nella gerarchia della brigata (codificata da Escoffier) e in base alla partita, cioè ai vari settori in cui è suddivisa la cucina.
Procedendo per gradi, dal più alto al più basso, nella piramide sociale della brigata di cucina incontriamo le seguenti figure:
L’executive chef o chef de cuisine
È il punto di arrivo, il livello più alto di professionalità che si può raggiungere. Dirige e supervisiona tutte le operazioni che si svolgono in cucina: dà istruzioni per la preparazione dei piatti ai suoi sottoposti, guidandoli anche nella cottura e nell’impiattamento. Mentre i cuochi di partita cucinano, l’executive chef dedica buona parte del suo tempo a studiare e individuare nuove tendenze culinarie, a sperimentare proposte innovative.
Master chef o chef manager
Con questa espressione, ultimamente abusata a causa del successo dell’omonima trasmissione televisiva, si indica un executive chef a cui è affidato il compito di gestire più di un ristorante. Generalmente quello in cui lavora fisicamente è di sua proprietà.
Head chef
Ha grandi responsabilità e poteri ma si trova a un gradino più in basso della “scala sociale” rispetto all’executive.
Sous-chef
È il primo assistente dello chef de cuisine e può sostituirlo in sua assenza. Svolge le stesse mansioni del capocuoco, supportandolo e facilitandolo nell’esecuzione di ogni compito.
Chef di partita
Lo chef di partita è un cuoco che si è specializzato in una data disciplina ma è meno esperto e qualificato dello chef de cuisine:
– chef garde-manger = gestisce le celle frigorifere e si occupa di tutte le preparazioni fredde
– chef sausier = si occupa della preparazione di fondi e salse, della cottura di carne in umido, di brasati e affogati
– chef poissonnier = prepara piatti a base di pesce, molluschi e crostacei
– chef rôtisseur = si occupa della preparazione di pollame e selvaggina, della elaborazione di tutti i piatti che richiedono cottura al forno o alla griglia, e anche dei fritti
– chef communard = il suo compito è preparare i pasti per i colleghi e per tutto il personale
– chef entremetier = svolge il compito dello chef communard quando questa figura non è presente nella brigata. È specializzato nella preparazione di farinacei e paste asciutte, oltre che di contorni, uova e legumi
– chef potager = addetto alla preparazione di minestre, zuppe, consommé e vellutate. Spesso si sovrappone alla figura dello chef entremetier
– chef patissier = specializzato nella preparazione dei dolci (anche piccola pasticceria, croissant per la colazione) e paste salate come vol au vent e tartellette.

Requisiti di base dell’aspirante chef
Tra le caratteristiche che un aspirante chef deve avere c’è sicuramente quella di possedere un buon palato, cioè saper distinguere i vari sapori, e un ottimo spirito di osservazione per tutto ciò che si mangia.
La creatività, certo, è molto importante ma perché possa portare dei risultati deve essere accompagnata da tenacia e tanto studio. Leggere, informarsi e soprattutto osservare il lavoro dei professionisti è molto importante, d’altronde si sa… gli artisti mediocri copiano mentre i geni rubano!
Per quanto riguarda l’aspetto più teorico, è importante conoscere a menadito le nozioni di base in campo di igiene e conservazione degli alimenti, e avere qualche conoscenza in campo nutrizionale. Da un punto di vista più pratico, un ragazzo che si appresti a iniziare la carriera per diventare chef deve avere una certa familiarità con gli strumenti della cucina, con i principali tipi di tagli e con le tecniche di base. Una certa padronanza delle tradizioni culinarie non guasta e anzi rappresenta un’ottima base di partenza.
Percorso formativo
Non esiste un percorso di studi standard per diventare cuoco, ma una buona base può essere il conseguimento del diploma presso un istituto professionale alberghiero. Dopo il biennio è bene scegliere con attenzione il ramo in cui ci si vuole specializzare per proseguire il proprio percorso formativo in maniera più orientata e mirata. Superato il periodo scolastico, si può proseguire e incrementare le proprie conoscenze frequentando corsi professionali di cucina e svolgendo tirocini presso ristoranti e strutture alberghiere.