ristorazione settore trainante economia

Ristorazione, settore trainante per l’economia

Il 2018 è stato tutto sommato positivo per la ristorazione in Italia. In estrema sintesi, dai vari dati viene fuori che gli italiani amano mangiare fuori e quando lo fanno, in linea di massima, ne sono soddisfatti. La notizia del ritorno ai pranzi e alle cene fuori casa va letta quindi positivamente, dopo il periodo alquanto critico registratosi tra il 2013 e il 2017. Per ciò che concerne l’occupazione nel settore della ristorazione in Italia, nonostante diverse criticità, qualcosa si è mosso. Ed era finalmente ora.
Ma analizziamo la situazione più nel dettaglio.Ristorazione in Italia: il 2018 è stato l’anno della svolta, per via della fine della crisiLa ristorazione è uno dei settori trainanti dell’economia dell’Italia. D’altronde, siamo il Paese dove per antonomasia si mangia bene. La presenza capillare di pub, pizzerie, trattorie, bar con servizio di tavola calda e ristoranti, senza dimenticare i fast food, dimostra quanto il nostro territorio risulti assai variegato. Ad oggi bar e ristoranti costituiscono il 49% del settore. I pub il 21%, i fast food delle grandi multinazionali il 19% e il rimanente 11% è composto da altri posti dove è possibile mangiare fuori. Insomma, per il consumatore finale c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Cosa è cambiato dal 2013 ad oggi?

Attendendo i risultati definitivi del 2018, occorre sottolineare che ad oggi rispetto al 2013, il valore della ristorazione nel nostro Paese è decisamente lievitato. Se nel 2013, questo business aveva un valore corrispondente a 46,5 miliardi di euro, complice anche una crisi non indifferente che in rapporto al 2012 aveva segnato un -4,1%, le stime indicano che alla fine del 2018, il settore varrà 60 miliardi di euro. In un quinquennio, di fatto, la ristorazione nostrana sarebbe andata incontro ad un vero e proprio boom, pari al 28,7%. E la cosa si evidenzierebbe anche nel mercato del lavoro: nel 2013, si registrava il segno meno con l’1,2%, mentre nel 2018 le stime indicano un’interessante crescita di dipendenti arruolati nel settore con un ottimo +12,7%. E ancor più interessante, numeri alla mano, considerare il ruolo che il business della ristorazione italiana ha in ottica europea: il fatturato italiano rappresenta la bellezza del 13,9% in tutto il Vecchio Continente.

Situazione lavoro nella ristorazione

Su questi numeri, va detto che i lavoratori stagionali incidono in maniera evidente. Ma è davvero incoraggiante tenere conto del fatto che nell’ultimo anno c’è stato un incremento del 2% dei contratti a tempo determinato e a tempo indeterminato per i lavoratori dipendenti nel settore della ristorazione. Il mestiere dello Chef, ed in particolare dell’Executive Chef che interagisce direttamente con i proprietari del ristorante o ancora del capo partita che si occupa della gestione di un completo settore culinario come carni, pesce, primi piatti, verdure è stato sdoganato. E su questo i programmi di cucina hanno avuto un ruolo determinante, come dimostra il numero crescente di apprendisti, disposti a fare una lunga gavetta, magari anche all’estero, pur di farsi un nome nel settore della ristorazione.

Non mancano i problemi ciclici

Non è però tutto oro quello che luccica. In quanto a digitalizzazione del settore, l’Italia è ancora anni luce indietro. Per molti ristoranti, pub, pizzerie, il ricorso alle tecnologie digitali per gestire le comande o l’utilizzo della fatturazione elettronica è davvero nullo. Se soltanto 40 imprese su 100 ci puntano, urge constatare che il divario europeo è ancora piuttosto evidente.

Conclusioni

Tirando le somme, la ristorazione è considerata all’unisono una delle punte di diamante dell’economia italiana. Di sicuro uno dei settori trainanti. L’Italia è nell’immaginario collettivo perfetta espressione di buon cibo e di buon vino. Per questo motivo, il collegamento del mondo della ristorazione è molto evidente con quello del turismo, specialmente quello enogastronomico. Lo dimostra il fatto che il numero di turisti che amano star bene a tavola e che scelgono durante l’anno il Belpaese come meta delle loro destinazioni, nel giro di un anno, è quasi raddoppiato. E la ristorazione ha avuto di sicuro un ruolo decisivo su questo aspetto.

lacoro estero

Lavoro all’estero: vado a fare il cameriere a Londra

Negli ultimi anni la disoccupazione sta plasmando i flussi migratori da paesi considerati una volta sviluppati verso nazioni che hanno risentito meno della crisi mondiale.
Se una volta andare a Londra a fare il cameriere era molto in voga, ora le cose stanno cambiando.
Guardare le opportunità di lavoro a meno di tre ore di aereo non è più cosi favorevole, le mete ideali per trovare lavoro forse esistono ancora ma un volo lowcost non basta più.
Quello che non cambia sono i tipi di lavoro che si cercano appena atterrati in terra straniera, cercare lavoro nel mondo della ristorazione e soprattutto voler fare il cameriere o lavapiatti è ancora la scelta obbligata.
Trovare lavoro non è mai facile, ma come trovare lavoro all’estero?
Le scelte sono due o preparare il curriculum vitae in un formato internazionale e consegnarlo a mano o consultare gli annunci di lavoro all’estero che molte bacheche online pubblicano.
Spesso per convenienza si tende prima di partire a fissare almeno qualche colloquio ma soprattutto a sondare il terreno per vedere le professioni più richieste, tipo cameriere a Londra, cuoco a Parigi ecc.
Rysto potrebbe essere la soluzione che fa per te, sempre più spesso pubblichiamo annunci di lavoro all’estero di ristoranti italiani e non che cercano in Italia i migliori professionisti nel campo della ristorazione.
La fuga di cervelli riguarda anche cuochi, barman, camerieri, baristi che a causa del livello professionale in decrescita cercano il lavoro della loro vita all’estero.
Lavorare all’estero non è facile, lasciare gli affetti nel proprio paese di origine è una scelta obbligata e portare la famiglia rappresenta inizialmente come una scommessa troppo rischiosa da affrontare.
Con il nostro lavoro cerchiamo di aiutare coloro che vogliono intraprendere questo difficile percorso, consultare il nostro sito vi può aiutare a trovare lavoro più facilmente.

Vino e crisi. Nuove abitudini, nuove tendenze

Se negli Stati Uniti il consumo di vino è da sempre legato a categorie e ambienti sociali più elevati, in paesi come l’Italia o la Francia il nettare degli dei si presta tradizionalmente a un uso diffuso e quotidiano, indifferentemente dal ceto sociale di appartenenza.
Ma in tempi di crisi tutto cambia, cambiano i consumi, ovviamente, e di conseguenza le abitudini, rendendo necessario un ridimensionamento di tutti i comparti produttivi e di quelli dei servizi. Se negozi e supermercati tentano di adattarsi a questo periodo in cui la cinghia è sempre più tirata e affrontano il calo dei consumi con sconti e offerte, vediamo come viticoltori, ristoranti e enoteche si adeguano ai nuovi standard.
Negli ultimi anni, per far fronte alla diminuzione dei consumi e per venire incontro, per quanto possibile, alle nuove esigenze dei clienti, si è assistito a un graduale ma costante assottigliamento delle carte dei vini. La proposta enologica di ristoranti e locali è andata contraendosi sia dal punto di vista del numero di etichette offerte sia dal punto di vista dei prezzi fissati. In generale la tendenza dei gestori è quella di razionalizzare la cantina, privilegiando vini a minor prezzo e produzioni autoctone e locali. Vini famosi, nomi altisonanti e prezzi importanti lasciano il passo a etichette meno note e costose ma di buona qualità.
Cambia l’offerta ma anche la domanda si modifica e si allinea ai tempi moderni, si innestano così nuove esigenze e abitudini, come dimostra l’aumento della richiesta di bottiglie di piccolo formato, di vino al bicchiere e la moda di portarsi a casa il vino avanzato dalla cena al ristorante. I clienti sono oggi meno propensi a spendere molto e sempre più disposti a rifornirsi presso la grande distribuzione.
La diminuzione delle quantità consumate in parte è da attribuire anche alla legge sul tasso alcolico che, riferiscono gli addetti ai lavori, ha fatto registrare un drastico abbassamento dell’acquisto delle bottiglie a fronte dell’aumento dell’acquisto di calici.

Bisogna però considerare che la trasformazione delle carte dei vini non è legata esclusivamente a volontà di ridimensionamento per motivi economici. In parte dipende anche da cambiamenti culturali e dalle nuove tendenze gastronomiche che stanno prendendo piede nelle cucine, dove diventa sempre più frequente e diffusa l’abitudine di proporre piatti e cibi locali che richiamano a loro volta vini del territorio.
Sono molteplici i fattori a cui si può imputare il cambiamento delle abitudini di acquisto del vino, tanti sono gli elementi che intervengono a modificare quantità, tempi e modi di consumo. Per esempio si deve notare che oggi esiste una maggiore consapevolezza per tutto ciò che riguarda la salute e il benessere psicofisico, ciò ha comportato una riduzione generale delle quantità consumate. Occorre poi osservare che l’identikit del consumatore di vino odierno è molto diverso rispetto a quello di qualche anno fa, un consumatore oggi molto più competente, informato e anche curioso (ne è una prova tangibile il proliferare di corso di degustazione), che mangia e beve in modo responsabile. Da qui derivano i cambiamenti in ambito produttivo, come la tendenza a immettere sul mercato vini sempre meno alcolici, contenenti livelli sempre più bassi di solfiti, che impattano in maniera minore sull’organismo umano.
Una condizione economica non proprio favorevole, per usare un eufemismo, e varie trasformazioni culturali non hanno prodotto, come abbiamo visto, esclusivamente conseguenze e trend negativi. I ristoratori hanno fatto di necessità virtù e l’esigenza di contenere spese e proposte li ha spinti a incrementare l’attività di ricerca e scouting, incentivandoli a guardare anche tra le piccole produzioni con l’obiettivo di trovare prodotti che offrano il miglior rapporto qualità-prezzo. La crisi ha inoltre costretto produttori e commercianti a uno sforzo innovatore che ha influenzato anche aspetti finora gestiti con metodologie classiche e tradizionali come le tecniche di vendita e marketing. Oggi, ad esempio, si registra una grande attenzione all’aspetto più commerciale, con un ripensamento del posizionamento del prodotto vino sul mercato e nuovi studi su confezioni e packaging accattivanti. Si comincia a considerare l’idea di proporre il prodotto enologico in modo diverso, più divertente, sulla base del fatto che sta cambiando il target dei consumatori finali. In questa ottica si deve considerare l’affermarsi di nuove tendenze come quella di degustare il Lambrusco come aperitivo, o il fatto che alcuni vini come il Raboso del Piave vengano utilizzati come base per alcuni cocktail. Mode, queste, che potrebbero portare a un avvicinamento al vino delle nuove generazioni che invece tradizionalmente prediligono l’assunzione di superalcolici.
Un altro elemento interessante da considerare è l’andamento dell’eno-turismo, in costante aumento nell’ultimo decennio, dunque nettamente in controtendenza rispetto alla riduzione dei consumi. Un business dalle potenzialità enormi ma non ancora sfruttate a pieno, che potrebbe fare da traino e leva per altri comparti del turismo, poiché incentiva la riscoperta e la valorizzazione della cucina tipica tradizionale e delle aree rurali della nostra penisola.
Anche dal punto di vista della formazione il vino continua a essere grande protagonista: corsi di avvicinamento al vino sempre più numerosi e di successo, corsi intensivi, super professionalizzanti, accademie, master… sono infinite le formule che oggi vengono proposte a chiunque voglia saperne di più o voglia costruire sul vino una solida carriera professionale.
Quello del vino e del cibo in generale, quando sono buoni e di qualità, può essere considerato senza dubbio un settore strategico per la nostra economia. È proprio sulla valorizzazione delle nostre eccellenze eno-gastronomiche che si dovrebbe puntare per un rilancio economico del paese. La formazione di nuove figure professionali capaci di mettere a punto nuovi brand, nuovi tipi di servizi e strategie, coniugando la secolare conoscenza italiana nel campo eno-gastronomico con le più attuali competenze manageriali, potrebbe far decollare il settore facendone esprimere le straordinarie potenzialità.