Green Pass: cosa cambia nel settore della ristorazione?

E’ di poche ore fa la decisione del governo di seguire la scia della Francia imponendo maggiori restrizioni a chi non sia in regola con il ciclo di vaccinazione anti-Covid19, ed è stato subito ”boom di prenotazioni” sulle piattaforme ministeriali, associato a un incremento di adesioni agli Open Day organizzati per la campagna vaccinale.

Perchè questo fenomeno? Cosa cambia nel settore della ristorazione rispetto alle attuali norme?

Dal 6 agosto verrà richiesta la certificazione verde per chi intende consumare nei locali pubblici seduto comodamente al chiuso: questo è valido sia che si tratti di bar, ristoranti, pub o gelaterie…insomma qualsiasi forma di attività nel settore ristorativo in cui sia previsto il servizio ai tavoli necessita che la clientela sia provvista di ”Green Pass” regolarmente valido per fruire della possibilità di essere servito all’interno.

Resta invece invariata la situazione per chi consuma all’aperto o direttamente al bancone, scegliendo la modalità di consumazione veloce senza sostare negli spazi chiusi del locale.

L’obbligo di Green Pass ricade anche sui titolari delle sopracitate attività, che avranno tempo qualche giorno per mettersi in regola con la certificazione, ricevendo almeno la prima dose di vaccino.
Questo sarà un requisito necessario per mantenere il proprio impiego, fermo restando che per gli stessi titolari e lavoratori del settore resta d’obbligo indossare i dispositivi di protezione durante lo svolgimento delle attività lavorative.

Lo stesso titolare del punto ristoro sarà tenuto a verificare la presenza e la regolarità del Green Pass degli avventori seduti ai tavoli, ma ciò non esclude che anche le forze dell’ordine possano eseguire controlli capillari sulla popolazione intervenendo nelle varie attività.

Arriva l’App di verifica del Green Pass

Per poter leggere e verificare l’effettiva validità del QR code, è in arrivo un’App che potrà essere usata per il controllo delle certificazioni verdi (titolari attività ristorazione, organizzatori di eventi, pubbliche autorità).
L’App è compatibile con qualsiasi dispositivo e avrà la funzione di leggere il codice esibito dall’utente e caricare i dati dell’intestatario come nome, cognome e regolarità del ciclo vaccinale.
Su richiesta, colui che è tenuto a verificare la validità del Green Pass potrà chiedere contestualmente di esibire un documento di identità per stabilire la corrispondenza con i dati riportati sull’App.
La stessa applicazione non memorizzerà, per una questione di privacy, i dati sensibili dell’utente, ma servirà appunto, solo per la loro lettura.

Chi rischia?

Il cittadino che vìoli le regole sulla sul Green Pass rischia sanzioni pecuniarie molto salate che vanno da un minimo di 400€ fino a un massimo di 1000€. Allo stesso modo, anche il titolare dell’attività rischia di dover pagare ingenti somme per non aver controllato in modo adeguato la presenza dei clienti in regola con la certificazione verde nel suo locale.
Oltre a questo, può verificarsi la disposizione di chiusura attività per un periodo che va da 1 a 10 giorni.

Come ottenere il Green Pass?

La tanto discussa ”certificazione verde” o ”pass sanitario” viene emesso attraverso la piattaforma nazionale del Ministero della salute e si può ottenere sia in forma digitale (un QR code da tenere sul proprio Smartphone ed esibire all’occorrenza) che cartacea.

L’SMS attestante l’avvenuta disponibilità della certificazione arriverà sul numero di cellulare della persona interessata che abbia eseguito almeno la prima dose del ciclo vaccinale, entro 48 ore dalla somministrazione della stessa. Per chi abbia ricevuto solo una dose del ciclo vaccinale, tale certificazione sarà valida solo a partire dal 15° giorno successivo all’inoculazione e fino alla data prevista per la seconda dose.
Chi non si sia sottoposto a vaccinazione, per ottenere la certificazione dovrà attestare l’avvenuta guarigione dall’infezione da Sars-Cov-2 oppure aver effettuato nelle precedenti 48 ore un test antigenico rapido o molecolare con risultato negativo al virus.

Dark Kitchen, Ghost Kitchen e Cloud Kitchen… il trend del 2021?

La situazione di stallo nel settore della ristorazione creata dall’ascesa del Covid19 è palese al livello nazionale ed internazionale. Per sopravvivere alle chiusure ed alle limitazioni, l’intero settore ha dovuto porre in essere un processo di adeguamento. In particolare in Italia la previsione è che il settore alla fine del 2020 abbia chiuso in negativo con una perdita rappresentata dalla percentuale del -27,5%.

Dark Kitchen, di che cosa si tratta?

L’unica ascesa avutasi nell’ultimo anno è stata quella del food-delivery e di particolari modelli di ristorazione che non prevedono la consumazione dei pasti sul posto tra i quali spicca quello della cosiddetta dark kitchen. Questo è un modo di far sopravvivere il settore della ristorazione mediante l’impiego ottimale degli spazi di una cucina professionale con l’obiettivo di destinare le rispettive preparazioni solo al delivery. In tale modo la distribuzione esterna al cliente finale avviene in una gestione che ottimizza il tempo e le risorse.
Un ruolo non indifferente ha giocato la compagine di restrizioni imposte dai vari Dpcm ma anche dall’accelerazione delle Dark Kitchen con la consegna di cibo a domicilio direttamente oppure attraverso le piattaforme quali per esempio Glovo o UberEats e via dicendo. Ciò comporta un cambiamento in cui l’ambiente è la casa di colui che ordina i pasti, la location non è più il ristorante ma l’app ove si sceglie dove e cosa ordinare ed il menù sarà l’elenco presente nell’app. Tuttavia, seppure si stia delineando una nuova corrente che sembri prospettare una scomparsa del consumo sul posto, è ancora troppo presto per individuare una direzione certa.

Ghost Kitchen, che cos’è:

Nata nel 2017 sul modello business di Michele Ardoni è il modello di una ristorazione ove all’interno di una singola cucina si gestiscono più food delivery. Il locale ove si preparano i piatti non è volto al consumo in loco e non vi è nemmeno l’insegna. In tal modo la preparazione dei piatti è più veloce, i menù sono dinamici ed elaborati in base all’analisi dei dati e da ultimo ma non meno importante, il food cost è contenuto e la buona fama del brand è aumentata. Quindi questo ristorante che cucina e fa solo consegne a domicilio è reso ”ghost” perché non ha una sala per accogliere i clienti. La cucina fantasma non è altro che il luogo dove i piatti superbi sono realizzati da chef talentuosi quindi il cliente non vede la cucina ma la può sentire mediante il gusto.

Cloud Kitchen in arrivo per aiutare i ristoratori:

Parliamo di cucine da affittare come co-working per avere una possibilità di avviare la propria impresa di ristorazione basata sull’ascendente food delivery. La ventata d’innovazione è stata portata a Milano da Kuiri, una startup che vede il potenziale del settore della consegna del cibo a domicilio. I vantaggi sono molteplici: si pongono in connessione pietanze di respiro italiano ed internazionale, si riducono i costi grazie alla condivisione di spazi, risorse ed energie. Si affitta lo spazio e si dimentica di dover pagare attrezzature, packaging o bollette: come dice la parola stessa in esperanto, si ”cucina”.

In conclusione, sembra prematuro fare previsioni sull’andamento del settore della ristorazione se sarà scavallato o meno dal promettente food delivery e le tre tipologie di ristorazione appena descritte. Ciò che è certo e non invisibile agli occhi è che il Covid ha posto le basi di una crisi ma ha anche costretto la realtà imprenditoriale italiana a fare i conti con le necessità di digitalizzazione del mondo culinario per uscirne ancora più forti, creando qualcosa dalle proprie ceneri.

digital waiter

Nuove professioni: il digital waiter

In un mondo sempre più digitalizzato ed orientato al rinnovamento costante che il più delle volte, per fortuna, equivale ad un miglioramento delle condizioni di vita di molti di noi, è inevitabile che anche il mondo del lavoro abbia dovuto adattare molte delle sue professionalità facendone nascere di completamente nuove o plasmando mestieri storici in base alle esigenze attuali. Del resto questa è una scelta inevitabile per qualunque imprenditore o semplice lavoratore e rinnovarsi è spesso sinonimo di crescita professionale oltre che di bisogno necessario per rimanere al passo con i tempi e con le richieste della maggiorparte delle aziende, piccole o grandi che siano.
Nello specifico, negli ultimi anni si è fatta largo una nuova figura professionale che, in apparenza, può sembrare il classico mestiere che quasi chiunque – soprattutto studenti universitari – comincia a svolgere per mettere da parte qualche soldo, ma in realtà si è evoluta anch’essa in base alle mutate necessità quotidiane tanto da richiedere delle competenze specifiche e avanzate per poterla svolgere.

Chi è e cosa fa un digital waiter

Stiamo parlando della figura del Digital Waiter, quello che letteralmente dalla traduzione inglese dovrebbe essere il cameriere di un qualsiasi locale, ma che oggi assume un valore e una responsabilità ben più diversa e importante. Infatti, il Digital Waiter – volendo tradurre alla lettera il cameriere digitale – è una figura chiave all’interno di qualsiasi attività commerciale dedicata all’accoglienza e alla ristorazione che, per svolgere le sue mansioni e supervisionare la gestione di ordini, consegne e altre figure lavorative a lui affiancate e di cui è responsabile, si serve si serve degli ultimi mezzi messi a disposizione della tecnologia. Più nel dettaglio, il Digital Waiter per lavorare e interagire con le persone e le loro richieste utilizza soprattutto tablet e programmi software: infatti, è ormai sempre più normale trovare locali la cui cucina interagisce e si coordina con il personale di sala non più tramite foglietti vaganti e confusionari, ma attraverso ordini effettuati digitalmente. E non solo, perché attraverso l’utilizzo del tablet il Digital Waiter gestisce i contatti con i clienti, gli ordini dei i fornitori e le richieste che permettono di organizzare al meglio il delivery, altra grande novità che è ormai diventata d’uso quotidiano e che, ovviamente, necessita di un’organizzazione digitalmente avanzata, proprio quella richiesta a questa nuova figura professionale. Infatti, proprio in merito al delivery, il Digital Waiter è colui che coordina tutti gli ordini in entrata provenienti dalle varie piattaforme digitali, che li assegna alla cucina e a tutto il suo team e, infine, che organizza gli ordini assegnandoli ai singoli fattorini che effettueranno poi la consegna. La funzione di coordinamento del Digital Waiter tra le varie figure e mansioni che costituiscono un’attività commerciale diventa di fondamentale importanza considerando anche il fatto che egli è responsabile anche della chiusura e del reporting conclusivo di fine giornata, ovviamente da gestire il tutto tramite software.
E’ chiaro, quindi, che per svolgere una professione del genere bisogna principalmente essere dei nativi digitali che si sentono a proprio agio con i computer e che sanno anche usarli in maniera veloce ed efficiente, oltre ad avere un’avanzata abilità di gestione quando c’è bisogno di gestire più situazioni contemporaneamente.

ristorazione italiana

Il settore della ristorazione dopo la pandemia

La pandemia cambierà tantissime abitudini alle quali eravamo abituati, la socialità, mangiare assieme, uscire per andare nei ristoranti e tutti quei riti che avevamo consolidato come momento di aggregazione. Uno dei settori che subirà cambiamenti nella sua organizzazione dopo la pandemia, è quello della ristorazione, soprattutto quello ancorato alla tradizione italiana. Quali potrebbero essere gli sviluppi settore della ristorazione dopo la pandemia? Proviamo a immaginare dei possibili scenari.

La ristorazione italiana

Il ristorante tipico italiano cura la qualità dei prodotti ed l’offerta gastronomica, gli spazi sono raccolti, calorosi e accoglienti, con un contatto continuo tra avventori ed esercenti.
Molti ristoranti, piccole trattorie e caratteristici luoghi per pranzare nei centri storici, non potranno riaprire secondo la loro tradizionale organizzazione, considerate le rigide prescrizioni per il distanziamento sociale. Dovranno ridurre drasticamente i posti in percentuale ai metri quadrati della struttura. Questa riduzione renderà insostenibile i costi di gestione. I locali a gestione familiare, potranno sostenere i costi riducendo al minimo le spese e puntando su un servizio di asporto. I locali organizzati con un servizio basato essenzialmente sulla manodopera esterna alla gestione, potrebbero avere maggiori difficoltà, se non sono in grado di riconvertirsi alle nuove richieste della domanda e soprattutto al distanziamento sociale.

Cosa cambierà dopo la pandemia

Non possiamo pensare di rivedere i tipici ristorantini nei centri storici, dove in piccoli spazi si ammassavano tavoli e persone. Il comparto gastronomico italiano tenderà a equipararsi a un’organizzazione più internazionale, puntando sul take away, con il rischio, in parte, di perdere la sua intima connotazione basata sulla qualità delle preparazioni. I piccoli locali, potrebbero diventare latenti ed eclissarsi, almeno in questa fase di media lunga durata, con la speranza di riprendere in futuro.

Gli sviluppi del settore

Per alcuni anni la ristorazione italiana perderà la sua caratteristica e tipica organizzazione gastronomica; chi si riconvertirà, dovrà per rendere sostenibile la gestione e ottimizzare soprattutto le quantità e i servizi in esterno. Il settore subirà una sorta di contaminazione internazionale, con uno sviluppo dell’offerta d’asporto, delle prenotazioni digitali, con ricorso a driver. La cucina tipica italiana, dopo aver resistito per secoli con la sua impostazione slow, potrebbe avvicinarsi sempre di più a una struttura da fast food.

La ristorazione italiana potrebbe imporsi per resilienza

Lo scenario non è dei migliori, ma nei periodi di crisi, la qualità riesce a trovare spazi nel mercato e a emergere. La ristorazione di alta gamma, i ristoranti stellati, quelli gourmet, le piccole locande e le trattorie che saranno capaci di offrire dei prodotti di grande livello, potranno reggere al post pandemia, trovando anche un motivo di ulteriore sviluppo e business. I ristoranti di grande pregio che fanno della cucina d’eccellenza il loro mantra, per assurdo poterebbe subire meno gli effetti del post pandemia. Un ristorante di alta gamma può tranquillamente puntare su una riduzione del numero di ospiti alzando la spesa media del suo menù alla carta.

sanificare ristorante

Come sanificare un ristorante

L’emergenza sanitaria della pandemia da covid-19 che ha colpito il mondo intero ci ha costretto a rivalutare tutte le nostre “normali” abitudini e stravolgere le nostre routine con misure di prevenzione e sicurezza completamente inusuali per tutti noi.
Le imprese/aziende sono quelle che più sono state penalizzate e che hanno patito più di tutti l’emergenza sanitaria con grosse e gravi ripercussioni economiche.
La quarantena imposta dal governo per contrastare l’espandersi e per contenere i contagi da covid-19 ha obbligato tutte le aziende/imprese “fisiche” alla chiusura.
Finita la quarantena, si è entrati nella fase 2 che ha previsto una riapertura graduale di tutte le attività con misure restrittive da rispettare per non rendere vano il sacrificio fatto durante il periodo di isolamento.
Per quanto riguarda i ristoranti, non basta infatti far indossare le mascherine e guanti all’intero staff del locale ed ai clienti, infatti il ristorante dovrà essere costantemente sanificato per non rischiare che i contagi inizino a risalire in modo esponenziale.

Sanificazione ristorante

Per poter mantenere l’ambiente completamente pulito non basterà indossare guanti e mascherina o lavare nel modo tradizionale il locale, bisognerà infatti, grazie a norme di sicurezza particolari, cercare di eliminare ogni tipo di agente patogeno (COVID-19 compreso) al fine di garantire la totale sicurezza sanitaria sia per lo staff che per i clienti che andranno a mangiare.
Per prima cosa occorrerà munirsi di detergenti professionali utilizzati nel campo della sanificazione (i detergenti tradizionali non vanno bene) e di misure di sicurezza come guanti, mascherina e proteggi volto, in quanto i prodotti potrebbero essere dannosi per l’organismo.
Il primo passo da fare, è quindi quello di essere certi di indossare tutte le protezioni per proteggere mani viso ed occhi e di essere nelle condizioni giuste anche per la respirazione in quanto l’inalazione dei prodotti professionali di sanificazione sono tossici per l’organismo umano.
Una volta che si è concentrati sulla sicurezza, si potrà passare alla sanificazione del ristorante iniziando con la rimozione dello sporco con i classici prodotti utilizzati per la pulizia.
Una volta rimosso tutto lo sporco ed aver pulito accuratamente le superficii interessate, si potrà passare all’utilizzo dei detergenti professionali industriali al fine di rimuovere con ogni certezza ogni microrganismo batterico/virale.
Una volta sanificate le supercifii interessate, se la sanificazione sarà riuscità al 100% non ci dovrà essere nessun odore in particolare, le zone pulite dovranno apparire asciute e prive di tracce di potenziale contaminazione (come sporco impronte o macchie).
La sanificazione è un’azione di estrema importanza, pertanto è bene svolgerla nel modo migliore possibile, in quanto la salute delle persone è in costante rischio a causa di tutti gli agenti patogeni che ci circondano e che vivono “insieme” a noi.
Soprattutto in questa emergenza la sanificazione è “l’arma” a nostra disposizione per far si che l’economia non si blocchi più e che le attività di ristorazione continuino a poter lavorare in assoluta sicurezza.

LE LINEE GUIDA DI AFIDAMP E FIPE PER LA SANIFICAZIONE

food delivery fattorino

L’esplosione del food delivery

Il food delivery, termine inglese che sta ad indicare la consegna del cibo a domicilio, è un servizio che esiste da diverso tempo oramai.
Sono molti i pub, ristoranti, bar e pizzerie che hanno aderito a questa iniziativa.
Grazie a questo servizio, è possibile ordinare direttamente da casa propria comodi seduti sul proprio divano qualsiasi tipo di cibo si voglia mangiare e ricevere la consegna del cibo ordinato direttamente a casa.
Sono diverse le occasioni durante le quali molte persone decidono di ordinare cibo da casa.
Se fuori è brutto tempo, piove o fa eccessivamente freddo, o semplicemente se si è rientrati a casa dopo una lunga e faticosa giornata di lavoro, perchè non rilassarsi comodi sul divano, ordinare ed aspettare che il cibo vi sia consegnato direttamente a casa vostra?
La scelta di ricevere il cibo a domicilio, è una soluzione davvero utile e sempre più persone scelgono questa opzione non solo nei giorni infrasettimanali ma anche nei weekend.
Basterà ordinare il cibo più gradito direttamente dal proprio smartphone tramite l’app dei più famosi servizi di food delivery, indicare l’indirizzo di domicilio ed aspettare semplicemente che un fattorino porti il cibo direttamente a casa vostra.
Le app sono molto intuitive e semplicissime da utilizzare, infatti, una volta scelto tutto il cibo da ordinare apparirà anche l’ammontare del costo da pagare (compreso il costo del servizio) rendendo l’esperienza semplice e gradevole.
Con l’emergenza della pandemia da covid-19 che ha colpito il mondo intero, il servizio della consegna a domicilio del cibo ha subito un’esplosione non indifferente.
Le misure di prevenzione che il covid ci ha costretto ad attuare, hanno costretto ogni attività alla chiusura, rendendo così impossibile la possibilità di concedersi un pasto fuori casa.
Ci è venuto però in “soccorso” il food delivery che ha triplicato la sua mole di lavoro, rendendo cosi possibile per chi volesse, continuare a godersi un qualsiasi tipo di cibo (panini, hamburger, sushi, bevande ecc. ecc.) con l’unica differenza di non poterlo mangiare fuori casa bensì a casa propria, risparmiando però così la “fatica” di dover cucinare, rendendola così un’esperienza il più possibile vicina a quella di mangiare fuori casa.
Il food delivery ha rivoluzionato il modo di godersi i piatti più graditi che spesso decidiamo di mangiare nel weekend quando è arrivato il momento di rilassarsi un pò.
Sono davvero tanti i vantaggi del food delivery.
Il tuo piatto preferito grazie a questo magnifico servizio arriverà direttamente sul tavolo di casa tua.
Se sei stanco, se non hai voglia di cucinare o semplicemente sei impossibilitato ad uscire fuori di casa, considera la possibilità di usufruire del servizio del food delivery.
Sono moltissime le aziende che offrono la possibilità di usufruire del servizio di consegna del cibo a domicilio, infatti ti basterà fare una piccola ricerca online per poter vedere la lista completa e scegliere il servizio che più appaga le tue esigenze.

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Ma cosa c'è esattamente nel Pokè bowl?

Pokè bowl, come siamo passati dal sushi alla cucina hawaiana

In principio era il sushi che ha fatto il suo avvento in Italia diversi anni fa e, nel giro di pochissimo tempo, è diventato uno dei piatti preferiti degli italiani spodestando anche sua Maestà la Pizza.

Ma le mode sono destinate a cambiare e le tendenze reggono fino a quando non arriva un novità a prendere il loro posto.
Stando ad alcune ricerche al primo posto nella classifica dei piatti preferiti dagli italiani non ci sarebbe più il sushi ma il Pokè bowl.

Pokè bowl: cos’è e da dove viene
Probabilmente molte persone ancora non sanno di cosa stiamo parlando ed erano rimasti alla cucina giapponese, ma negli ultimi mesi in tutto il mondo e anche in Italia sta spopolando la cucina hawaiana.
Le similitudini con quella orientale riguardano solo alcuni ingredienti, come il pesce crudo, ma i Pokè bowl è completamente diverso dal sushi e dalla geometria dei piatti nipponici.

In effetti, la pietanza hawaiana che sta riscuotendo così tanto successo non ha nulla di geometrico e anzi potrebbe essere definita la versione scomposta del sushi.

Il piatto prevede la presenza di ingredienti tagliati a cubetti, dal pesce all’avocado. Il tutto è molto grossolano e i pezzi non sono tutti uguali tra loro, si tratta di una tradizione povera che bada poco alla forma e molto la sostanza.

Ma cosa c’è esattamente nel Pokè bowl?

Uno degli ingredienti indispensabili è il pesce, rigorosamente fresco – alle Hawaii è un alimento accessibile a tutti – riso oppure quinoa, mais e verdure, il tutto marinato con delizioso mix di spezie e aromi che donano al piatto un sapore unico ed inconfondibile.
Trattandosi di un pasto completo, nel Pokè bowl non manca mai la frutta, di chiara origine esotica, come l’avocado o il mango.

Ovviamente non mancano le spezie più comuni come sale e pepe, anche l’aceto è quasi sempre presente e dona un tocco acre e piacevole al piatto, contrastando la dolcezza del mais e della frutta.
La contaminazione era inevitabile, così agli ingredienti tradizionali se ne sono aggiunti altri decisamente più comuni e conosciuti come i peperoni e i pomodori, i ravanelli e il sedano, il coriandolo, le noci, i semi di papavero e lo zenzero.

I paesi anglofoni come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono già pazzi del Pokè bowl al punto da aver spodestato il sushi nella classifica dei piatti esotici preferiti.
In Italia è già presente, nelle grandi aree metropolitane, è già possibile trovare ristoranti hawaiani affollati, ma nel nostro paese le contaminazioni mediterranee che modificano il piatto originario sono molto più forti che nel resto del mondo.

A Milano sono diversi i locali dove è possibile assaggiare il Pokè bowl, tra tutti spicca il Botanical Club di via Tortona dove le versioni più gettonate sono quelle a base di cubetti di tonno, salmone oppure polpo.
Nella capitale, invece, uno dei ristoranti hawaiani più in voga, l’Ami Pokè a rione Monti, offre la possibilità ai clienti di comporre il piatto come meglio credono.

A Genova, in piazza Caricamento, c’è un locale che propone ben sei versioni differenti del Pokè bowl di cui una vegetariana, ponendosi come obbiettivo quello di soddisfare i gusti di tutti e di coccolare i clienti, per questo motivo a breve sarà disponibile anche il servizio di consegna a domicilio.

pokè bowl e sushi brasiliano

Le nuove mode della ristorazione: pokè bowl e sushi brasiliano

Che il modo di mangiare sia in rapida evoluzione non è una novità. Sono sempre di più le pietanze internazionali che fanno capolino sulle nostre tavole e questa circostanza incontra il gradimento dei palati più curiosi, alla costante ricerca di nuove prelibatezze da scoprire. Cous cous, sashimi, kebab, moussaka…..l’elenco dei più diffusi piatti stranieri è veramente lungo, ma vale forse la pena soffermarsi su due specialità particolari come il pokè e il sushi brasiliano.

La prima proviene dalle splendide isole Hawaii. Si tratta di un piatto originariamente a base di pesce crudo tagliato in filetti ma poi rivisitato e riproposto in altre versioni che prevedono il tonno o il polpo, rigorosamente tagliati in pezzi e arricchiti con diversi gustosi condimenti. Sono in crescente aumento i ristoranti che presentano ai propri ospiti questo tipo di piatto che trae le sue origini da un’antica consuetudine dei pescatori hawaiani, i quali usavano preparare una sorta di merenda con gli scarti del loro pescato. In Italia, Milano e Roma hanno già sperimentato questa nuova tendenza food che viene servita all’interno di ciotole (bowls) da consumare sia stando seduti che passeggiando. Le diverse preparazioni del pokè danno vita a coloratissime insalatine a base di riso, quinoa o misticanza, e proteine come salmone, tonno o gamberi al vapore. Il condimento rappresenta la fase più divertente in quanto è possibile sbizzarrirsi fra variegate combinazioni di salsa di soia, latte di cocco oppure olio di sesamo. A perfezionare il piatto infine ci sono le verdure e le leguminose, dal cavolo viola ai fagioli di soia. Il tutto per un apporto calorico davvero irrisorio.

Un’altra tendenza del momento è rappresentata dal sushi brasiliano, nato dalla fusione fra la tradizione culinaria brasiliana e quella giapponese. Ed è proprio dall’incontro fra i sapori di due cucine così diverse che prende vita una nuova esperienza alimentare, appunto il “sushi brasiliano” detto anche “temaki” che si presenta come un appetitoso cono di alga ripieno di riso e pesce crudo o cotto. Ricca sia nel sapore che nell’estetica, questa pietanza è un vero e proprio omaggio alla cultura orientale che si integra armoniosamente con la colorata cucina brasiliana. ll sushi brasiliano è particolarmente carico di ingredienti come il riso, il pesce, le alghe e altri elementi come spezie o avocado. Dal loro amalgama prendono vita questi simpatici finger food che possono essere accompagnati da verdure crude, come cetrioli, carote, germogli di soia, foglioline di zenzero crudo o erba cipollina. A differenza del sushi tradizionale, quello brasiliano viene solitamente decorato con fiori sgargianti, frutta fresca e accompagnato da un’esotica caipirinha. Le “temakerie“, ovvero i ristoranti per eccellenza in cui è possibile assaggiare il sushi brasiliano, stanno prendendo piede in diverse zone d’Italia e consentono di immergersi in un viaggio alla scoperta della cultura nippo-brasiliana. Un connubio vincente che parla da solo, in grado di appagare anche i palati più esigenti. Provare questi cibi innovativi significa svincolarsi dalla tradizione per andare incontro ad esperienze culinarie esaltanti e creative, sicuramente da ripetere.

Quanto guadagna un cuoco

Quanto guadagna un cuoco

In Italia, il cuoco è una delle professioni più svolte dagli italiani e non solo. Questo lavoro negli ultimi anni ha subito un forte aumento, perché la cucina italiana è tra le più apprezzate al mondo. La necessità di diventare un cuoco professionista, spinge tanti giovani a intraprendere questa attività, non solo per passione, ma anche semplicemente per una fonte di guadagno. Svolgere questo lavoro, anche solo inizialmente come aiuto cuoco, rende appetitoso lo stipendio che si può ricavare da esso.
Non tutti però possono essere o diventare cuochi, senza un minimo di conoscenza o un minimo di studio, affermarsi nel mondo della cucina, è molto dura, vista la tanta concorrenza.

La cucina italiana è una delle cucine più amate al mondo, perché possiede un’antica tradizione culinaria sin dall’antichità. In tutta la penisola, si trovano migliaia di ristoranti tra i più importanti e rinomati del mondo. Ristoranti con ottime caratteristiche sono possibili solo, se dietro, c è un grande sacrificio da parte del proprietario, ma sopratutto da parte del cuoco, che in questo caso riveste un ruolo importantissimo. Diventare un affermato cuoco non è cosi semplice, sempre più oggi, conta essere visibili su internet o partecipare a programmi televisivi, mentre impegnarsi e studiare, diventa una seconda scelta.

Intraprendere la strada del cuoco affermato è tutt’altro, bisogna affrontare un percorso ben più difficile. Chi sceglie questo percorso è consapevole dei sacrifici che bisogna affrontare e anche delle sconfitte che possono esserci durante il percorso.
Precisamente non possiamo dire esiste una strada che porta a diventare un cuoco di successo, ma possiamo affermare che solo la passione e la tanta voglia di imparare sono quelle più importanti. Per i giovani che scelgono questa strada, si consiglia di frequentare un’istituto alberghiero, per avere già una base formativa.

Dopo diplomati si può scegliere di frequentare un’importante accademia italiana oppure seguire uno dei tanti corsi di cucina; queste sono le basi principali per diventare un cuoco. Inoltre possiamo dire, che affermarsi come cuoco, serve tanta esperienza, questa può essere fatta solo se si ha grande passione e forza nel rincorrere il proprio sogno. Cosa importante che piace sicuramente a tutti, è quanto può guadagnare un cuoco, una volta diventato esperto e professionista. Il guadagno dipende esclusivamente dalla sua esperienza, per esempio un cuoco principiante e giovane, non potrebbe mai guadagnare quanto un cuoco con tanti anni di esperienza alle spalle.

Lo stipendio medio di un cuoco, in Italia, si aggira intorno ai 2000-2500 euro mensili. Questo varia molto da città a città, per esempio un cuoco che lavora in una piccola città può arrivare a guadagnare circa 1500 euro mensili. Al contrario invece se parliamo di una grande città turistica come Sorrento o Venezia, qui sicuramente il guadagno di un cuoco professionista può arrivare facilmente sotto i 10.000 euro mensili. L’unica cosa che di sicuro possiamo affermare, come detto prima, è la volontà nel perseguire con passione la professione di diventare cuoco, solo cosi si possono guadagnare cifre molto alte.

Quanto guadagna uno chef

Quanto guadagna uno chef

Quanto guadagna uno chef? Molti, soprattutto in anni come questi, nei quali tale professione sta vivendo un boom (complici anche le numerose trasmissioni televisive a riguardo), si pongono tale interrogativo. Una prima superficiale impressione potrebbe lasciar pensare ad un lavoro molto ben remunerato, voce confermata dalla crescita delle iscrizioni che le scuole alberghiere stanno registrando. Ma si tratta di un dato vero o falso?

La crisi del settore
Anzitutto, cosa buona e giusta sarebbe affermare che, come in ogni professione, la retribuzione di uno chef è direttamente proporzionale al suo livello di esperienza. In altre parole, uno chef esperto percepirà uno stipendio maggiore rispetto a quello ricevuto da un collega alle prime armi. Tuttavia, a sfuggire spesso e volentieri è un dato che definire allarmante significherebbe provare ad arrotondare maldestramente per difetto. In soldoni, se è vero che l’economia mondiale sta vivendo un brutto e nefasto periodo di recessione, è altrettanto vero che il settore della cucina non rappresenta affatto un’eccezione. I soldi sono sempre meno, ed ogni italiano vuol mangiare bene spendendo somme se non altro minori. Ad un occhio attento, l’accostamento appena menzionato potrebbe sembrare un singolare ossimoro, ma se a tutto questo si aggiunge una cadenza sempre minore nel frequentare tali locali, allora la crisi di codesto ambito diventa a tal punto più che giustificata. Detto questo, guai però a disperare. Chi afferma che i guadagni per gli chef sono ormai ridotti al lumicino, rischia di dichiarare una banalità. Questo perché, nonostante il periodo poco propizio possa condurre a far calare l’asticella dell’ottimisto, maggiormente realistico sarebbe dire che a terminare non sono stati i guadagni, ma i tempi delle vacche grasse, nei quali era possibile ricavare delle ottime somme anche con gestioni tutt’altro che professionali. Ogni chef, ad giorno d’oggi, deve saper coniugare il proprio lavoro con quello di imprenditore, facendo quadrare i conti e mantenendo pressoché inalterati i propri standard qualitativi.

Parola d’ordine: gavetta
Ovviamente, a giocare un ruolo di primo piano è la gavetta. Per ciò che concerne gli chef, ogni professionista che abbia l’ambizione di diventare grande non può prescindere da una gavetta lunga ed articolata, composta sia da momenti esaltanti che da batoste. Tutto questo non può che proiettarsi sulle retribuzioni, che per un cuoco appena uscito dalla scuola alberghiera raramente superano i 1.200 euro, con orari non esattamente accondiscendenti.

Guadagni dei sous chef
Il secondo step, dopo aver lasciato i livelli più “umili” della cucina, consiste nel diventare sous chef. Questa figura potrebbe essere definita come il braccio destro dello chef, con delega nel coordinare il resto dello staff. Si tratta di una posizione molto funzionale per continuare a fare pratica, senza poi contare che salendo di livello salgono anche le retribuzioni. Un sous chef guadagna infatti dai 2.000 ai 4.000 euro al mese, uno stipendio che tuttavia non è affatto esente da un fardello di responsabilità non indifferente.

Guadagno dell’executive chef
La scalata termina col diventare executive chef, il cuoco per antonomasia, colui che coordina la cucina e la disegna a sua immagine e somiglianza. Raggiungere questa vetta significa aver superato con successo tutti gli ostacoli precedenti, con una affermazione che altro non può essere che un ulteriore trampolino di lancio per una carriera luminosa. In tale fattispecie gli stipendi diventano davvero importanti. Lo retribuzione media di un executive chef va infatti dai 5.000 fino ad arrivare ai 7.000 euro.