stella verde michelin

Cosa è la Stella Verde Michelin

In un mondo dove la sostenibilità diventa sempre più un pilastro fondamentale per le nostre scelte quotidiane, anche l’ambito culinario si sta adattando, promuovendo pratiche più rispettose dell’ambiente. Un esempio lampante di questo movimento è rappresentato dalle Stelle Verdi Michelin, un riconoscimento che mira a premiare gli chef e i ristoranti impegnati in una gastronomia sostenibile. Ma cosa significa esattamente ricevere una Stella Verde Michelin e quali sono i criteri di valutazione? Scopriamolo insieme.

Cos’è la Stella Verde Michelin?

La Stella Verde Michelin è un premio introdotto dalla famosa Guida Michelin, notoriamente conosciuta per le sue prestigiose Stelle Michelin, che valutano la qualità, la creatività e la maestria culinaria dei ristoranti in tutto il mondo. A differenza delle sue controparti più tradizionali, la Stella Verde si concentra sulla sostenibilità, riconoscendo gli chef e i ristoranti che si impegnano attivamente per un impatto ambientale ridotto.

Criteri di Valutazione

La valutazione per l’assegnazione delle Stelle Verdi Michelin si basa su diversi criteri chiave, che riflettono l’importanza di un approccio sostenibile in tutte le fasi della catena alimentare. Tra questi, i principali includono:

  • Uso di ingredienti locali e stagionali: privilegiare prodotti locali riduce le emissioni di CO2 legate al trasporto degli alimenti.
  • Supporto alla biodiversità: favorire la diversità delle specie usate in cucina, compreso l’utilizzo di varietà antiche e meno conosciute.
  • Riduzione degli sprechi alimentari: adottare pratiche che minimizzano gli sprechi, come il riciclo creativo degli avanzi o la compostazione.
  • Efficienza energetica: utilizzare tecnologie e metodi di cottura che riducono il consumo energetico.
  • Educazione alla sostenibilità: sensibilizzare clienti e staff sull’importanza delle scelte sostenibili in cucina.

Esempi di Eccellenza

Numerosi ristoranti in tutto il mondo hanno già ricevuto la Stella Verde Michelin, dimostrando che è possibile unire l’eccellenza culinaria con la responsabilità ambientale. Questi ristoranti spaziano da piccole trattorie a conduzione familiare fino a rinomati ristoranti stellati, tutti accomunati dall’impegno verso la sostenibilità.

L’Impatto della Stella Verde

L’introduzione delle Stelle Verdi Michelin ha avuto un impatto significativo sul settore della ristorazione, stimolando un maggiore interesse verso pratiche sostenibili. Ristoratori e chef vedono ora nel riconoscimento Verde non solo un onore, ma anche un modo per differenziarsi in un mercato sempre più attento all’ambiente.

In conclusione, le Stelle Verdi Michelin rappresentano un passo importante verso un futuro più sostenibile nel mondo della gastronomia. Attraverso questo riconoscimento, la Guida Michelin non solo premia l’eccellenza culinaria, ma promuove anche un cambiamento positivo nell’industria, incoraggiando pratiche che rispettano il nostro pianeta.

Lavoro nella Ristorazione in Olanda

Lavoro nella ristorazione in Olanda

Il settore della ristorazione in Olanda rappresenta un’eccellente opportunità di carriera per molti professionisti. Con una crescente domanda di esperienze culinarie uniche e di qualità, i ristoranti olandesi sono alla costante ricerca di talenti in grado di contribuire alla loro offerta. In questo articolo, esploreremo le varie sfaccettature del lavoro nel settore della ristorazione in Olanda, dai ruoli disponibili alle competenze richieste, passando per le aspettative salariali e i consigli per chi cerca lavoro in questo campo.

Opportunità di Lavoro

La ristorazione olandese offre una vasta gamma di opportunità di lavoro, che vanno dalle posizioni entry-level come camerieri e baristi, fino a ruoli più specializzati come chef, sommelier, e manager di ristorante. La diversità della cucina presente in Olanda significa che c’è sempre bisogno di professionisti con competenze specifiche in vari tipi di cucina, dalla tradizionale olandese alla cucina internazionale.

Competenze e Qualifiche Richieste

Per avere successo nel settore della ristorazione in Olanda, è fondamentale possedere non solo una solida base di competenze tecniche relative al proprio ruolo, ma anche eccellenti capacità comunicative e di servizio al cliente. Per ruoli più avanzati, come quello dello chef o del manager di ristorante, sono spesso richieste qualifiche specifiche, come diplomi di scuola alberghiera o esperienze professionali significative nel settore.

Aspettative Salariali

I salari nel settore della ristorazione in Olanda variano significativamente a seconda del ruolo, dell’esperienza e della posizione del ristorante. In generale, i salari sono competitivi e spesso superiori alla media del settore in altri paesi europei. Inoltre, molti ristoranti offrono benefici aggiuntivi, come mance generose, pasti inclusi, e opportunità di formazione professionale.

Consigli per la Ricerca di Lavoro

Per chi cerca lavoro nel settore della ristorazione in Olanda, è essenziale avere un curriculum aggiornato e mirato, che evidenzi le competenze e le esperienze rilevanti. È anche utile costruire una rete professionale partecipando a fiere del lavoro, eventi di settore e utilizzando piattaforme di social networking professionale come LinkedIn. Infine, considerando l’importanza della lingua olandese nel settore, acquisire almeno le basi può rappresentare un notevole vantaggio competitivo.

Il settore della ristorazione in Olanda offre numerose opportunità per chi è appassionato di cibo e servizio al cliente. Con la giusta combinazione di competenze, esperienza e atteggiamento, è possibile costruire una carriera gratificante e di successo in uno dei molti ristoranti di qualità del paese. Che tu stia cercando il tuo primo lavoro nel settore o che tu sia un professionista esperto, l’Olanda offre un ambiente dinamico e accogliente per crescere professionalmente.

Futuro della Ristorazione

Il Futuro della Ristorazione: Innovazione e Nuovi Concept

Il settore della ristorazione è in costante evoluzione, spinto da innovazioni tecnologiche, cambiamenti nelle abitudini dei consumatori e crescenti preoccupazioni ambientali. Mentre ci avviciniamo al futuro, emergono nuovi concept di ristorazione che promettono di trasformare radicalmente l’esperienza culinaria. Questi concept non solo puntano a soddisfare il palato ma anche ad offrire esperienze immersive, sostenibili e personalizzate. Di seguito, esploriamo alcuni dei trend più promettenti che stanno definendo il futuro della ristorazione.

Ristoranti Virtuali e Ghost Kitchens

I ristoranti virtuali, o ghost kitchens, sono cucine senza una sala da pranzo dedicata, che preparano pasti esclusivamente per la consegna a domicilio. Questo modello riduce i costi operativi e permette ai ristoratori di sperimentare diversi concetti culinari con flessibilità. In futuro, vedremo una maggiore personalizzazione delle offerte, con menù che si adattano in tempo reale alle preferenze e alle restrizioni alimentari dei clienti.

Esperienze di Ristorazione Immersive

La tecnologia sta aprendo nuove possibilità per esperienze di ristorazione immersive, dove il cibo si fonde con l’arte, la musica e la realtà virtuale per creare un’esperienza sensoriale unica. Immagina di cenare sotto l’aurora boreale in un ambiente virtualmente creato o di partecipare a una cena narrativa, dove ogni piatto racconta una parte della storia. Questi concept offrono ai commensali non solo un pasto ma un’avventura memorabile.

Ristoranti Sostenibili e a Impatto Zero

La sostenibilità sta diventando un pilastro centrale nel settore della ristorazione. I ristoranti del futuro adotteranno pratiche a impatto zero, dall’utilizzo di ingredienti locali e di stagione, alla riduzione degli sprechi alimentari e all’impiego di energie rinnovabili. Alcuni concept innovativi includono anche l’agricoltura verticale integrata, dove i ristoranti coltivano i propri ingredienti in loco, garantendo freschezza e riducendo l’impatto ambientale.

Personalizzazione Alimentata dall’Intelligenza Artificiale

L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando la personalizzazione nel settore della ristorazione. Attraverso l’analisi dei dati, i ristoranti possono offrire menù personalizzati che tengono conto delle preferenze individuali, delle intolleranze alimentari e persino degli obiettivi nutrizionali dei clienti. In futuro, potremmo vedere sistemi di IA che suggeriscono piatti in base al nostro umore o al nostro stato di salute, ottimizzando l’esperienza di ristorazione per il benessere del cliente.

Conclusione

Il futuro della ristorazione promette di essere entusiasmante e pieno di novità, con concept innovativi che spaziano dalla tecnologia all’ecosostenibilità. Questi sviluppi non solo mirano a migliorare l’esperienza culinaria ma anche a rendere il settore più responsabile e attento alle esigenze del pianeta e dei suoi abitanti. Mentre ci avventuriamo in questo futuro, una cosa resta chiara: il cibo continuerà a essere un potente mezzo di connessione, innovazione e esplorazione.

intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il settore della ristorazione

Come l’intelligenza artificiale sta trasformando il settore della ristorazione

L’intelligenza artificiale (IA) sta trasformando il settore della ristorazione in modi inimmaginabili fino a poco tempo fa, offrendo soluzioni innovative per migliorare l’efficienza operativa, personalizzare l’esperienza dei clienti e ottimizzare la gestione delle risorse. Questo articolo esplora vari campi in cui l’IA può essere applicata nel settore della ristorazione, delineando come questa tecnologia rivoluzionaria stia apportando benefici tangibili.

Personalizzazione dell’Esperienza Cliente

L’IA può analizzare i dati dei clienti per offrire raccomandazioni personalizzate, migliorando significativamente l’esperienza di ristorazione. Analizzando le preferenze di acquisto, le scelte alimentari e le recensioni passate, i sistemi di IA possono suggerire piatti che corrispondono ai gusti individuali del cliente, aumentando la soddisfazione e fidelizzando la clientela.

Gestione Efficiente dell’Inventario

I sistemi di IA possono prevedere con precisione la domanda di determinati piatti, aiutando i ristoranti a ottimizzare le scorte e ridurre gli sprechi alimentari. Attraverso l’analisi dei dati storici e delle tendenze di consumo, l’IA può suggerire la quantità ottimale di ingredienti da ordinare, garantendo che il cibo sia fresco e riducendo i costi legati agli eccessi di scorte.

Ottimizzazione delle Operazioni in Cucina

Robot dotati di IA stanno iniziando a fare la loro comparsa nelle cucine professionali, assistendo lo staff nella preparazione dei cibi in modo più rapido ed efficiente. Questi robot possono eseguire compiti ripetitivi o pericolosi, come tagliare o friggere, liberando il personale per attività che richiedono un tocco umano e creativo.

Miglioramento del Servizio Clienti

Chatbot e assistenti virtuali alimentati da IA possono gestire prenotazioni, rispondere a domande frequenti e persino prendere ordini, offrendo un servizio clienti tempestivo e personalizzato 24 ore su 24. Questo non solo migliora l’esperienza dei clienti ma consente anche al personale di concentrarsi su compiti più complessi e gratificanti.

Marketing e Analisi Predittiva

L’IA può analizzare grandi quantità di dati per identificare tendenze e pattern nei comportamenti dei clienti, aiutando i ristoratori a creare campagne di marketing mirate ed efficaci. Inoltre, l’analisi predittiva può prevedere i periodi di maggiore affluenza, consentendo ai ristoranti di ottimizzare il personale e le risorse in base alla domanda prevista.

Sfide e Considerazioni Future

Nonostante i numerosi benefici, l’adozione dell’IA nel settore della ristorazione presenta anche sfide, tra cui preoccupazioni relative alla privacy dei dati, la necessità di investimenti significativi in tecnologia e formazione, e la resistenza al cambiamento da parte di alcuni stakeholder. Tuttavia, con l’avanzamento tecnologico e l’adattamento delle normative, l’IA è destinata a diventare un elemento fondamentale nel futuro della ristorazione.

Ricerca di Personale con Rysto

Rysto sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale per semplificare e ottimizzare la ricerca di personale qualificato nel settore della ristorazione. Attraverso algoritmi avanzati, Rysto analizza una vasta gamma di dati, dalle esperienze lavorative alle competenze specifiche dei candidati, per abbinare i ristoranti con i profili più adatti alle loro esigenze. Questo sistema non solo accelera il processo di selezione, riducendo i tempi e i costi associati al reclutamento, ma garantisce anche un matching più preciso e affidabile tra domanda e offerta di lavoro.

Conclusione

L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel settore della ristorazione sta aprendo nuove frontiere, rendendo i servizi più efficienti, personalizzati e innovativi. Man mano che la tecnologia evolve e diventa più accessibile, è probabile che vedremo ulteriori progressi e applicazioni dell’IA che continueranno a trasformare l’industria in modi ancora non completamente esplorati.

ristorazione italiana

Il settore della ristorazione dopo la pandemia

La pandemia cambierà tantissime abitudini alle quali eravamo abituati, la socialità, mangiare assieme, uscire per andare nei ristoranti e tutti quei riti che avevamo consolidato come momento di aggregazione. Uno dei settori che subirà cambiamenti nella sua organizzazione dopo la pandemia, è quello della ristorazione, soprattutto quello ancorato alla tradizione italiana. Quali potrebbero essere gli sviluppi settore della ristorazione dopo la pandemia? Proviamo a immaginare dei possibili scenari.

La ristorazione italiana

Il ristorante tipico italiano cura la qualità dei prodotti ed l’offerta gastronomica, gli spazi sono raccolti, calorosi e accoglienti, con un contatto continuo tra avventori ed esercenti.
Molti ristoranti, piccole trattorie e caratteristici luoghi per pranzare nei centri storici, non potranno riaprire secondo la loro tradizionale organizzazione, considerate le rigide prescrizioni per il distanziamento sociale. Dovranno ridurre drasticamente i posti in percentuale ai metri quadrati della struttura. Questa riduzione renderà insostenibile i costi di gestione. I locali a gestione familiare, potranno sostenere i costi riducendo al minimo le spese e puntando su un servizio di asporto. I locali organizzati con un servizio basato essenzialmente sulla manodopera esterna alla gestione, potrebbero avere maggiori difficoltà, se non sono in grado di riconvertirsi alle nuove richieste della domanda e soprattutto al distanziamento sociale.

Cosa cambierà dopo la pandemia

Non possiamo pensare di rivedere i tipici ristorantini nei centri storici, dove in piccoli spazi si ammassavano tavoli e persone. Il comparto gastronomico italiano tenderà a equipararsi a un’organizzazione più internazionale, puntando sul take away, con il rischio, in parte, di perdere la sua intima connotazione basata sulla qualità delle preparazioni. I piccoli locali, potrebbero diventare latenti ed eclissarsi, almeno in questa fase di media lunga durata, con la speranza di riprendere in futuro.

Gli sviluppi del settore

Per alcuni anni la ristorazione italiana perderà la sua caratteristica e tipica organizzazione gastronomica; chi si riconvertirà, dovrà per rendere sostenibile la gestione e ottimizzare soprattutto le quantità e i servizi in esterno. Il settore subirà una sorta di contaminazione internazionale, con uno sviluppo dell’offerta d’asporto, delle prenotazioni digitali, con ricorso a driver. La cucina tipica italiana, dopo aver resistito per secoli con la sua impostazione slow, potrebbe avvicinarsi sempre di più a una struttura da fast food.

La ristorazione italiana potrebbe imporsi per resilienza

Lo scenario non è dei migliori, ma nei periodi di crisi, la qualità riesce a trovare spazi nel mercato e a emergere. La ristorazione di alta gamma, i ristoranti stellati, quelli gourmet, le piccole locande e le trattorie che saranno capaci di offrire dei prodotti di grande livello, potranno reggere al post pandemia, trovando anche un motivo di ulteriore sviluppo e business. I ristoranti di grande pregio che fanno della cucina d’eccellenza il loro mantra, per assurdo poterebbe subire meno gli effetti del post pandemia. Un ristorante di alta gamma può tranquillamente puntare su una riduzione del numero di ospiti alzando la spesa media del suo menù alla carta.

Ma cosa c'è esattamente nel Pokè bowl?

Pokè bowl, come siamo passati dal sushi alla cucina hawaiana

In principio era il sushi che ha fatto il suo avvento in Italia diversi anni fa e, nel giro di pochissimo tempo, è diventato uno dei piatti preferiti degli italiani spodestando anche sua Maestà la Pizza.

Ma le mode sono destinate a cambiare e le tendenze reggono fino a quando non arriva un novità a prendere il loro posto.
Stando ad alcune ricerche al primo posto nella classifica dei piatti preferiti dagli italiani non ci sarebbe più il sushi ma il Pokè bowl.

Pokè bowl: cos’è e da dove viene
Probabilmente molte persone ancora non sanno di cosa stiamo parlando ed erano rimasti alla cucina giapponese, ma negli ultimi mesi in tutto il mondo e anche in Italia sta spopolando la cucina hawaiana.
Le similitudini con quella orientale riguardano solo alcuni ingredienti, come il pesce crudo, ma i Pokè bowl è completamente diverso dal sushi e dalla geometria dei piatti nipponici.

In effetti, la pietanza hawaiana che sta riscuotendo così tanto successo non ha nulla di geometrico e anzi potrebbe essere definita la versione scomposta del sushi.

Il piatto prevede la presenza di ingredienti tagliati a cubetti, dal pesce all’avocado. Il tutto è molto grossolano e i pezzi non sono tutti uguali tra loro, si tratta di una tradizione povera che bada poco alla forma e molto la sostanza.

Ma cosa c’è esattamente nel Pokè bowl?

Uno degli ingredienti indispensabili è il pesce, rigorosamente fresco – alle Hawaii è un alimento accessibile a tutti – riso oppure quinoa, mais e verdure, il tutto marinato con delizioso mix di spezie e aromi che donano al piatto un sapore unico ed inconfondibile.
Trattandosi di un pasto completo, nel Pokè bowl non manca mai la frutta, di chiara origine esotica, come l’avocado o il mango.

Ovviamente non mancano le spezie più comuni come sale e pepe, anche l’aceto è quasi sempre presente e dona un tocco acre e piacevole al piatto, contrastando la dolcezza del mais e della frutta.
La contaminazione era inevitabile, così agli ingredienti tradizionali se ne sono aggiunti altri decisamente più comuni e conosciuti come i peperoni e i pomodori, i ravanelli e il sedano, il coriandolo, le noci, i semi di papavero e lo zenzero.

I paesi anglofoni come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna sono già pazzi del Pokè bowl al punto da aver spodestato il sushi nella classifica dei piatti esotici preferiti.
In Italia è già presente, nelle grandi aree metropolitane, è già possibile trovare ristoranti hawaiani affollati, ma nel nostro paese le contaminazioni mediterranee che modificano il piatto originario sono molto più forti che nel resto del mondo.

A Milano sono diversi i locali dove è possibile assaggiare il Pokè bowl, tra tutti spicca il Botanical Club di via Tortona dove le versioni più gettonate sono quelle a base di cubetti di tonno, salmone oppure polpo.
Nella capitale, invece, uno dei ristoranti hawaiani più in voga, l’Ami Pokè a rione Monti, offre la possibilità ai clienti di comporre il piatto come meglio credono.

A Genova, in piazza Caricamento, c’è un locale che propone ben sei versioni differenti del Pokè bowl di cui una vegetariana, ponendosi come obbiettivo quello di soddisfare i gusti di tutti e di coccolare i clienti, per questo motivo a breve sarà disponibile anche il servizio di consegna a domicilio.

pokè bowl e sushi brasiliano

Le nuove mode della ristorazione: pokè bowl e sushi brasiliano

Che il modo di mangiare sia in rapida evoluzione non è una novità. Sono sempre di più le pietanze internazionali che fanno capolino sulle nostre tavole e questa circostanza incontra il gradimento dei palati più curiosi, alla costante ricerca di nuove prelibatezze da scoprire. Cous cous, sashimi, kebab, moussaka…..l’elenco dei più diffusi piatti stranieri è veramente lungo, ma vale forse la pena soffermarsi su due specialità particolari come il pokè e il sushi brasiliano.

La prima proviene dalle splendide isole Hawaii. Si tratta di un piatto originariamente a base di pesce crudo tagliato in filetti ma poi rivisitato e riproposto in altre versioni che prevedono il tonno o il polpo, rigorosamente tagliati in pezzi e arricchiti con diversi gustosi condimenti. Sono in crescente aumento i ristoranti che presentano ai propri ospiti questo tipo di piatto che trae le sue origini da un’antica consuetudine dei pescatori hawaiani, i quali usavano preparare una sorta di merenda con gli scarti del loro pescato. In Italia, Milano e Roma hanno già sperimentato questa nuova tendenza food che viene servita all’interno di ciotole (bowls) da consumare sia stando seduti che passeggiando. Le diverse preparazioni del pokè danno vita a coloratissime insalatine a base di riso, quinoa o misticanza, e proteine come salmone, tonno o gamberi al vapore. Il condimento rappresenta la fase più divertente in quanto è possibile sbizzarrirsi fra variegate combinazioni di salsa di soia, latte di cocco oppure olio di sesamo. A perfezionare il piatto infine ci sono le verdure e le leguminose, dal cavolo viola ai fagioli di soia. Il tutto per un apporto calorico davvero irrisorio.

Un’altra tendenza del momento è rappresentata dal sushi brasiliano, nato dalla fusione fra la tradizione culinaria brasiliana e quella giapponese. Ed è proprio dall’incontro fra i sapori di due cucine così diverse che prende vita una nuova esperienza alimentare, appunto il “sushi brasiliano” detto anche “temaki” che si presenta come un appetitoso cono di alga ripieno di riso e pesce crudo o cotto. Ricca sia nel sapore che nell’estetica, questa pietanza è un vero e proprio omaggio alla cultura orientale che si integra armoniosamente con la colorata cucina brasiliana. ll sushi brasiliano è particolarmente carico di ingredienti come il riso, il pesce, le alghe e altri elementi come spezie o avocado. Dal loro amalgama prendono vita questi simpatici finger food che possono essere accompagnati da verdure crude, come cetrioli, carote, germogli di soia, foglioline di zenzero crudo o erba cipollina. A differenza del sushi tradizionale, quello brasiliano viene solitamente decorato con fiori sgargianti, frutta fresca e accompagnato da un’esotica caipirinha. Le “temakerie“, ovvero i ristoranti per eccellenza in cui è possibile assaggiare il sushi brasiliano, stanno prendendo piede in diverse zone d’Italia e consentono di immergersi in un viaggio alla scoperta della cultura nippo-brasiliana. Un connubio vincente che parla da solo, in grado di appagare anche i palati più esigenti. Provare questi cibi innovativi significa svincolarsi dalla tradizione per andare incontro ad esperienze culinarie esaltanti e creative, sicuramente da ripetere.

Quanto guadagna uno chef

Quanto guadagna uno chef

Quanto guadagna uno chef? Molti, soprattutto in anni come questi, nei quali tale professione sta vivendo un boom (complici anche le numerose trasmissioni televisive a riguardo), si pongono tale interrogativo. Una prima superficiale impressione potrebbe lasciar pensare ad un lavoro molto ben remunerato, voce confermata dalla crescita delle iscrizioni che le scuole alberghiere stanno registrando. Ma si tratta di un dato vero o falso?

La crisi del settore
Anzitutto, cosa buona e giusta sarebbe affermare che, come in ogni professione, la retribuzione di uno chef è direttamente proporzionale al suo livello di esperienza. In altre parole, uno chef esperto percepirà uno stipendio maggiore rispetto a quello ricevuto da un collega alle prime armi. Tuttavia, a sfuggire spesso e volentieri è un dato che definire allarmante significherebbe provare ad arrotondare maldestramente per difetto. In soldoni, se è vero che l’economia mondiale sta vivendo un brutto e nefasto periodo di recessione, è altrettanto vero che il settore della cucina non rappresenta affatto un’eccezione. I soldi sono sempre meno, ed ogni italiano vuol mangiare bene spendendo somme se non altro minori. Ad un occhio attento, l’accostamento appena menzionato potrebbe sembrare un singolare ossimoro, ma se a tutto questo si aggiunge una cadenza sempre minore nel frequentare tali locali, allora la crisi di codesto ambito diventa a tal punto più che giustificata. Detto questo, guai però a disperare. Chi afferma che i guadagni per gli chef sono ormai ridotti al lumicino, rischia di dichiarare una banalità. Questo perché, nonostante il periodo poco propizio possa condurre a far calare l’asticella dell’ottimisto, maggiormente realistico sarebbe dire che a terminare non sono stati i guadagni, ma i tempi delle vacche grasse, nei quali era possibile ricavare delle ottime somme anche con gestioni tutt’altro che professionali. Ogni chef, ad giorno d’oggi, deve saper coniugare il proprio lavoro con quello di imprenditore, facendo quadrare i conti e mantenendo pressoché inalterati i propri standard qualitativi.

Parola d’ordine: gavetta
Ovviamente, a giocare un ruolo di primo piano è la gavetta. Per ciò che concerne gli chef, ogni professionista che abbia l’ambizione di diventare grande non può prescindere da una gavetta lunga ed articolata, composta sia da momenti esaltanti che da batoste. Tutto questo non può che proiettarsi sulle retribuzioni, che per un cuoco appena uscito dalla scuola alberghiera raramente superano i 1.200 euro, con orari non esattamente accondiscendenti.

Guadagni dei sous chef
Il secondo step, dopo aver lasciato i livelli più “umili” della cucina, consiste nel diventare sous chef. Questa figura potrebbe essere definita come il braccio destro dello chef, con delega nel coordinare il resto dello staff. Si tratta di una posizione molto funzionale per continuare a fare pratica, senza poi contare che salendo di livello salgono anche le retribuzioni. Un sous chef guadagna infatti dai 2.000 ai 4.000 euro al mese, uno stipendio che tuttavia non è affatto esente da un fardello di responsabilità non indifferente.

Guadagno dell’executive chef
La scalata termina col diventare executive chef, il cuoco per antonomasia, colui che coordina la cucina e la disegna a sua immagine e somiglianza. Raggiungere questa vetta significa aver superato con successo tutti gli ostacoli precedenti, con una affermazione che altro non può essere che un ulteriore trampolino di lancio per una carriera luminosa. In tale fattispecie gli stipendi diventano davvero importanti. Lo retribuzione media di un executive chef va infatti dai 5.000 fino ad arrivare ai 7.000 euro.

Quanto guadagna un barman

Quanto guadagna un barman

Sopratutto tra i giovani, quella del barman è considerata una della professioni più affascinanti. Ed è vero, visto che, oltre a trattarsi di un lavoro che segue fedelmente l’incedere delle epoche e delle tendenze, esso prevede un livello di gratificazione senza ombra di dubbio alcuna considerevole. Ma quanto guadagna un barman? Prima di trovare una risposta adeguata a questo interrogativo, cosa buona e gusta è premettere che, come in tutte le professioni, la sua retribuzione è legata a filo doppio con il livello di esperienza. In soldoni, lo stipendio di un barman esperto sarà maggiore rispetto a quello percepito da un collega alle prime armi.

Sacrificio
Altra analogia con altre professioni è data dal sacrificio, un dogma del quale non è affatto possibile fare a meno. Se è vero che avere una giornata libera potrebbe lasciar campo libero al perseguimento di altre legittime passioni, è altrettanto vero che il lavoro del barman non è sattamente l’ideale per chi possiede tale ambizione, visti gli orari tutt’altro che malleabili. Le ore piccole saranno una costante immancabile, insieme ad un percorso fatto di tanta gavetta e trapuntato da dosi industriali di pratica. Dalla padronanza con gli attrezzi del mestiere alla conoscenza articolata di ogni sostanza alcolica fino ad arrivare alla preparazione di cocktail e bevande varie, tutto questo rappresenta solo una minima parte di un’occupazione tanto bella quanto ricca di potenziali insidie.

Fare il barman in discoteca
Un barman tradizionale, titolare o dipendente di un bar, potrebbe ricavare degli ottimi compensi dal punto di vista economico. L’ambizione potrebbe tuttavia indirizzare qualcuno a puntare più in alto, magari lavorando all’interno di una discoteca. Un barman che possegga la velleità di lavorare all’interno di questi locali notturni avrà la certezza quasi matematica di dover sostenere orari a dir poco proibitivi, con le richieste dei clienti che dovranno essere prontamente assecondate anche fino alle prime ore dell’alba. In una discoteca media la retribuzione per ogni sera potrebbe viaggiare tra i 100 ed i 200 euro. Se, al contrario, la discoteca è di grandi dimensioni e quindi maggiormente affollata, la retribuzione potrebbe tranquillamente superare questa soglia.

Ed un barman acrobatico?
La specializzazione in codesta branca potrebbe portare a degli interessanti sviluppi non solo professionali, ma anche riguardanti il lato economico. Oltre che servire bevande, in questo caso il barman sarà deputato anche ad intrattenere una clientela che rimarrà ammaliata da acrobazie e numeri di alta scuola. Per diventare un barman acrobatico, la conoscenza di ogni bevanda rappresenta requisito indispensabile, ma non ancora sufficiente, vista la richiesta di doti fisiche che sono alla base di questa specializzazione. Chi ama questo impiego ed è disposto a tutto per tramutare siffatto sogno in realtà, deve sapere che la retribuzione media di un barman acrobatico potrebbe sfiorare ogni sera i 400 euro.

Guadagni di un barman italiano
Meglio fare il barman in Italia o all’estero? Il confronto, ad oggi, è impietoso, visto che in Paesi come la Gran Bretagna e la Germania un barman percepisce guadagni sensibilmente maggiori. Volendo stilare quella che è una cifra, utile precisarlo, abbastanza approssimativa, il guadagno mensile di un barman tradizionale in Italia si attesta sui 1.000 euro. Un corrispettivo che, come in precedenza accennato, è destinato a crescere per chi a codesta base ha voglia di aggiungere ulteriori specializzazioni.

organizzare i turni di lavoro in un ristorante

Come organizzare i turni di lavoro in un ristorante

L’organizzazione del lavoro in un ristorante, così, come ogni altro ambito lavorativo, necessita di una efficace strategia di gestione del personale. E’ da tali strategie che dipende l’efficienza del personale e la qualità finale del servizio.
Nello specifico ambito della ristorazione, entra anche in gioco il fattore “turni“: cioè, il personale è organizzato per turni onde evitare sovraccarichi di lavoro e quindi la potenziale riduzione della qualità del servizio reso. In questo senso bisogna prendere come linea guida il CCNL che disciplina il lavoro per turni, domeniche e festivi, recuperi, e pause. Ogni variazione di turno deve essere documenta per calcolare le ore complessive effettuate.
E’ responsabilità del Direttore, Manager, Gestore, o chi per lui, la gestione degli orari di lavoro, anche prevedendo assenze impreviste del personale.
Tale organizzazione dipende anche dalla tipologia di locale.
Se si parla di grandi hotel, ristoranti di lusso o comunque location di prestigio, in cui il personale è decisamente più numeroso, esiste uno specifico ufficio addetto alla gestione del personale. L’Ufficio del Personale può avvalersi di specifici software che elaborano le turnazioni; a tal fine è spesso richiesto il contributo di un addetto specializzato in organizzazione e gestione del personale.
In questa prima tipologia di locale saranno presenti alcune necessarie gerarchie: chef, cuochi, garzoni e lavapiatti (lo chef può non coincidere necessariamente con i proprietario del locale); responsabile di sala, camerieri, addetti ai tavoli.
Nei locali più piccoli o di minor prestigio, fast food, pizzerie, bar, self service, se il rispetto della normativa e l’etica professionale del gestore sono inoppugnabili, vale quanto detto per le altre tipologie di locali. Purtroppo, spesso, proprio essendo locali meno in vista e talvolta anche meno soggetti ai controlli ufficiali, le cose non vanno sempre così.

A volte non c’è una vera e propria gestione del personale, non c’è sempre una chiara distinzione dei ruoli e non sempre i turni di lavoro vengono rispettati, purtroppo, anche contrariamente a quanto previsto dai contratti di lavoro. Il lavoratore si trova a svolgere più ore del previsto o ad assumere incarichi che non gli competono, improvvisandosi in attività nelle quali non ha alcuna esperienza. Si tratta certamente di situazioni limite che non sempre emergono. Ovviamente ne risente la qualità complessiva del servizio e non è un caso che questo tipo di locali tenda a chiudere nell’arco di 5 anni, come asseriscono le statistiche attuali.

Il cliente percepisce la confusione che deriva da una mancanza di organizzazione che si evidenzia da un personale non soddisfatto, che tende a lavorare in maniera più nervosa e più svogliata. Per fortuna parliamo di “piccole” cifre: delle oltre 650.000 persone l’anno che lavorano nella ristorazione, solo circa 100.000 si trovano a lavorare in effettivi contesti di disagio. Eppure gli strumenti per rendere la gestione dei turni nella ristorazione sono previsti proprio dalla legislatura vigente: part-time verticali e orizzontali, voucher formativi che garantirebbero la necessaria fluidità e flessibilità dei necessari turni con il risultato finale di un servizio efficiente e soddisfacente sia per i lavoratori che per i clienti, la cui soddisfazione, non bisogna dimenticarlo, deve sempre essere l’obiettivo finale.