La cucina molecolare in 8 tecniche

La cucina molecolare è una tendenza che si è imposta a partire dagli anni ‘90.
Il nome fa evidentemente riferimento alle molecole, gli elementi più piccoli che compongono le sostanze, ed evidenzia un legame molto stretto con la sfera della scienza, in particolare con quella della chimica e della fisica.
Il principio su cui si fonda questo approccio rivoluzionario è l’esigenza di applicare delle conoscenze scientifiche alla cucina, creando piatti che giocano principalmente sulla scomposizione e sulle texture degli alimenti. In alcuni casi l’idea di base, cioè che per cucinare bene sia necessario conoscere le materie prime e le leggi che ne regolano la trasformazione, viene rispettata e posta al centro della cucina. In altri casi, si tratta di una cucina d’avanguardia che mira a stupire i commensali, spesso puntando più sull’apparenza che sulla sostanza.
Sebbene abbia preso piede circa un decennio fa, la gastronomia molecolare intesa come studio scientifico dei fenomeni che coinvolgono la trasformazione dei cibi, ha origini molto antiche. Tuttavia possiamo far risalire al 1980 la data di nascita di questo tipo di cucina, anno in cui per la prima volta di utilizzò l’espressione di “gastronomia molecolare”, inventata dal fisico Nicholas Kurti e dal chimico Hervé This, che ne diede una definizione piuttosto chiara: “questa disciplina vuole capire e perfezionare i procedimenti culinari, interrogarsi su gesti familiari, che derivano dall’abitudine o dallo sviluppo empirico della cucina, trasmettere un sapere scientifico e tecnico a partire da elementi della vita quotidiana”.
Il pioniere e principale rappresentante della cucina molecolare è lo spagnolo Ferran Adrià, per anni alla guida di El Bulli, il ristorante più famoso del mondo. Ma altri nomi si sono fatti largo nell’olimpo del cibo molecolare, tra questi l’inglese Heston Blumenthal, il francese Pierre Gagnaire e l’italiano Ettore Bocchia.
Questo modo nuovo e originale di intendere la cucina ha suscitato grande interesse e curiosità, ma allo stesso tempo è stato oggetto di aspre polemiche, a volte infondate, che derivano dalla scarsa conoscenza dell’argomento e dall’istinto di rifiuto che sorge di fronte al termine ” molecolare “, davanti all’associazione cucina-chimica, un binomio che rimanda automaticamente l’immagine di cibi artificiali e poco salutari, più esercizi di stile di chef estrosi che altro. Allo stesso modo però si deve riconoscere che nella cucina molecolare c’è una disinvoltura nell’utilizzo di prodotti sintetici e additivi che non incontrano il consenso di tutti.
Nonostante buona parte degli chef che hanno fatto proprio questo approccio punti a stupire con idee sempre nuove, ricette fantasiose e accostamenti arditi, la maggior parte dei piatti della cucina molecolare si realizza applicando queste otto tecniche di base:
La gelificazione
Questa tecnica, che non è comunque esclusiva della cucina molecolare, consiste nel trasformare una sostanza liquida in una dalla consistenza gelatinosa, ottenendo appunto un gel alimentare. Gli elementi più utilizzati per mettere in atto questo processo sono gli idrocolloidi, agenti addensanti che, all’interno di un liquido, non si sciolgono, le particelle di cui sono composti infatti assorbono l’acqua e così facendo rendono l’intero liquido più vischioso e gelatinoso. Le materie gelatinose così ottenute si prestano bene ad assumere le forme più disparate, piegandosi alla volontà e soprattutto alla creatività dello chef.
La sferificazione
Attraverso la sferificazione è possibile incapsulare una sostanza liquida all’interno di una sfera di grandezza variabile, ciò consente di concentrare i sapori all’interno di piccoli globuli che scoppiano in bocca. Per realizzare queste sfere si deve amalgamare il liquido scelto (succo di frutta, sciroppo etc) con un colloide, ad esempio l’alginato di sodio, poi si preleva con una siringa il composto ottenuto e si lascia cadere goccia a goccia in una soluzione di cloruro di calcio. A contatto con il calcio, le gocce si solidificano in piccole sfere che restano morbide e liquide all’interno. La tecnica è stata inventata da Ferran Adrià ed è una delle più sorprendenti della cucina molecolare, in quanto consente di presentare sotto forma di caviale qualsiasi gusto.
Le emulsioni
L’impiego di mousse e emulsioni come accompagnamento ai piatti non è di certo una grande novità, si tratta infatti di una lunga tradizione che possiamo far risalire al 1700. La cucina molecolare però ha messo le emulsioni al centro di molti suoi piatti caratteristici. Realizzare un’emulsione significa trasformare dei liquidi in mousse dalle texture molto leggere, quasi aeree. Per ottenere tale risultato solitamente si impiegano additivi come la lecitina di soia, un emulsionante estratto dai semi di soia.
La pressurizzazione con sifone
Questa tecnica viene applicata per realizzare spume e mousse, sia dolci che salate, tramite un sifone da cucina, senza l’aggiunta di un agente emulsionante. Si versano gli ingredienti (allo stato liquido) all’interno del sifone e si inseriscono una o più cartucce di gas (N2O), a seconda delle quantità desiderate. Le cartucce liberano l’aria all’interno del sifone. Le bolle di gas penetrano nel liquido e ne fanno aumentare così il volume.
La sospensione
Attraverso l’utilizzo di alcuni additivi, prima fra tutti la gomma xantana che non altera il gusto originale, è possibile rendere delle sostanze liquide particolarmente cremose, grazie alle molecole della gomma che creano una sorta di rete che imprigiona l’aria all’interno del liquido. La particolare consistenza dei liquidi così ottenuta è capace di far restare in sospensione alcuni elementi, come frutta o erbe aromatiche, evitando che precipitino sul fondo.
La polverizzazione
Un altro cavallo di battaglia della cucina molecolare consiste nel trasformare liquidi grassi in polveri fini. Questo processo avviene grazie alla maltodestrina, uno zucchero in polvere derivante dalla tapioca che, mescolato con un liquido, permette di ottenere un composto “polveroso”, adatto ad accompagnare e decorare portate di ogni tipo e gusto.
Il raffreddamento tramite azoto liquido
Si tratta di una delle tecniche più note e spettacolari della cucina molecolare. L’azoto è un gas molto diffuso in natura che può essere utilizzato allo stato liquido come agente refrigerante per uso alimentare. L’azoto liquido ha infatti la capacità di raffreddare gli alimenti in tempi molto più rapidi rispetto al tradizionale procedimento del congelamento; data la velocità dell’operazione, le molecole dell’ingrediente raffreddato si cristallizzano in strutture molte più piccole rispetto a come sarebbero se congelate. Si ottengono così gelati di qualsiasi alimento, che danno una sensazione di freschezza senza anestetizzare le papille gustative. La spettacolarità della tecnica è dovuta al fatto che l’azoto liquido quando viene a contatto con l’aria, sprigiona una fumata di vapore bianco.
La frittura nello zucchero
Questa tecnica innovativa, inventata da Ettore Bocchia e dal professor Cassi, consiste nel friggere i cibi non nell’olio come di solito avviene, bensì in un una miscela di zuccheri fusi. Questi permetterebbero la formazione della classica crosticina della frittura senza penetrare all’interno: essendo viscosi, gli zuccheri creano una sorta di pellicola capace di isolare l’interno, mantenendo così tutti i succhi e i sapori originali. Il risultato è una frittura senza grassi, croccante all’esterno e tenera all’interno.