L’arte di aprire una bottiglia di vino

Aprire una bottiglia di vino può sembrare un’operazione molto semplice da compiere ma che, a volte, in presenza di clienti o ospiti importanti, se si è alle prime armi o poco esperti, può creare situazioni imbarazzanti facendoci sembrare dei perfetti imbranati.
Vediamo, quindi, quali sono le azioni da compiere passo passo per evitare figure barbine e fare una bella impressione davanti agli altri in ogni occasione. Dopo tutto, bastano poche istruzioni e un po’ di allenamento!
Partiamo dalle basi, ovvero dalla cassetta degli attrezzi. Sono tre gli oggetti che dovrete avere con voi al momento di stappare una bottiglia:

1) Un cavatappi professionale
Di cavatappi ne esistono moltissimi, di ogni tipo e forma e possono essere scelti a seconda dei gusti e delle esigenze. Il cavatappi professionale, paradossalmente, è il più semplice di tutti e anche il più funzionale. Si compone di tre parti principali: la lama con cui si taglia la capsula; la spirale, detta anche “verme”, che si inserisce nel tappo; il braccio mobile con cui si fa leva sul collo della bottiglia per l’estrazione del tappo.

2) Un tovagliolo di stoffa
Un tovagliolo di qualsiasi tipo ma rigorosamente di stoffa, mai di carta! Servirà ad asciugare la bottiglia (nel caso in cui questa venga presa da un secchiello del ghiaccio), a ripulire il collo da eventuali macchie e residui e a estrarre il tappo (non fatelo direttamente con le mani). In realtà, al posto del comune tovagliolo, i professionisti dovrebbero utilizzare un panno apposito, chiamato “frangino”, una sorta di tovaglietta di cotone bianco. Ultimamente si sta diffondendo anche l’uso di un particolare tipo di frangino, il “torciòlo”. Si tratta di un tovagliolo, lucido e liscio al tatto, realizzato in un materiale “hi-tech” antimacchia. Il torciòlo ha la caratteristica di essere composto da due parti, una bianca e una rossa. Sulla parte bianca si poggia la bottiglia, in modo che sia più visibile e presentata più elegantemente, mentre la parte rossa serve a pulire il collo della bottiglia dalla polvere o dalle gocce di vino. Grazie al tipo di tessuto e al colore, il panno avrà comunque un aspetto pulito e ordinato. Questo particolare tovagliolo è inoltre dotato di un’asola in cui si inserisce il collo della bottiglia, ciò permette di mantenere ben salda la presa.

3) La bottiglia di vino
Prima di stappare la bottiglia è importante, dopo averla presa dal suo scomparto, verificare che non ci siano sedimenti sul fondo. Il cameriere deve portare la bottiglia al tavolo tenendola con il braccio sinistro e utilizzando il tovagliolo.
Dopo esserci dotati degli strumenti indispensabili vediamo cosa si deve fare. L’operazione dell’apertura di una bottiglia si articola generalmente in cinque azioni o passaggi:

– Taglio e rimozione della capsula
– Controllo e pulizia del collo della bottiglia
– Estrazione del tappo
– Esame del tappo
– Servizio

Analizziamo le singole azioni in dettaglio:
1-Il taglio della capsula si fa con la lama del cavatappi. Attenzione a come tagliate, anche l’occhio vuole la sua parte! Evitate di fare troppi tagli e in modo disordinato, incidete solo tre volte il materiale con cui è fatta la capsula: effettuate un primo taglio netto intorno al collo della bottiglia, in senso orario; procedete con un secondo taglio deciso in senso antiorario, per completare l’incisione; terminate con un terzo taglio dall’alto verso il basso, dal tappo all’incisione già fatta sul collo. Cercate di eseguire dei tagli precisi e profondi, così sarà molto facile rimuovere la capsula, basterà infatti infilare la lama del cavatappi sotto il rivestimento del tappo e questo verrà via facilmente. Durante questa operazione è importante tenere ben ferma e salda la bottiglia, senza inclinarla.
2-Una volta rimossa la capsula, togliere eventuali residui e pulire la parte alta della bottiglia nel caso in cui ci fosse della polvere. Per compiere queste azioni usate l’apposito tovagliolo di stoffa.
3-Inserite la punta della spirale al centro del tappo e iniziate ad avvitare scendendo man mano in profondità ma stando attenti a non arrivare a bucare la parte inferiore del tappo; fermatevi all’incirca a metà. Perforare il tappo da parte a parte non è molto elegante da un punto di vista estetico ma soprattutto rischia di far cadere dei residui di sughero nel vino. Estraete il tappo puntando la leva del cavatappi sul bordo del collo. È importante non piegare il sughero e soprattutto non fare rumore durante l’estrazione.
4-Prendete il tappo estratto con il tovagliolo e annusatelo per verificare che non abbia odore di sughero o muffa. Il profumo di vino dovrà essere l’unico odore percepito, altrimenti sarà necessario assaggiare il vino per valutarne la bontà e eventualmente prendere un’altra bottiglia. Verificare anche l’aspetto del tappo, non deve essere né troppo secco né troppo bagnato, ma umido per 2-3 millimetri.
5-Eccoci alla parte più importante, quella per cui sarete giudicati per la vostra eleganza e sicurezza: il servizio. Per fare una bella figura basta seguire queste semplici ma fondamentali indicazioni:

-Versate il vino nei bicchieri facendolo cadere dall’alto in modo che possa ossigenarsi.
-Fate attenzione a versare lentamente e a non toccare i bicchieri con la bottiglia.
-Abbiate cura di lasciare l’etichetta della bottiglia ben visibile.
-È importante, per evidenti ragioni, non far cadere il vino e non sgocciolare. Per ovviare a questa eventualità imbarazzante provate a ruotare un po’ la bottiglia dopo aver versato il vino.

Ricordate sempre che è importante cercare di compiere ogni azione con eleganza e disinvoltura, dando l’impressione di essere a proprio agio e padroni della situazione. Agite con sicurezza, per quanto possibile rispetto alla vostra effettiva abilità ed esperienza.

Gli Idro-sommelier: quando l’acqua si degusta come il vino

Generalmente quando un cliente ordina dell’acqua in un ristorante o al bar, l’unica scelta che gli si offre è quella che riguarda la presenza o no di bollicine, la classica distinzione tra acqua naturale o frizzante. Ciò dice molto sulla superficialità che regna sull’argomento, sull’approccio ancora molto approssimativo che si ha nei confronti di questo elemento così importante. Non esiste infatti un’acqua uguale all’altra, ogni tipologia ha caratteristiche e sapori diversi, percepibili anche dal palato dei non esperti. Sebbene la capacità di avvertire le differenze sia meno immediata rispetto a quanto avviene per i vini, prestando un po’ di attenzione e soprattutto con l’abitudine, l’esercizio e l’esperienza, si può arrivare a sviluppare una certa competenza in merito.
Da queste considerazioni è nata l’esigenza di porre l’acqua al centro del discorso gastronomico e di trattarla come un prodotto al pari del vino, da analizzare e studiare, valutandone le qualità organolettiche e le possibili relazioni o abbinamenti con il cibo. Questa “scienza dell’acqua” ha trovato terreno fertile in Italia, che, avendo a disposizione numerose sorgenti a cui attingere, è uno dei principali produttori mondiali di acqua minerale, e dove si è andata delineando una nuova professione, quella dell’idrosommelier, un sommelier specializzato, appunto, nella degustazione dell’acqua.

Per diffondere e promuovere questa nuova cultura idrocentrica è stata istituita l’Associazione Degustatori Acque Minerali, fondata a Bologna nel 2002. L’associazione ha scelto di realizzare e pubblicare una vera e propria carta delle acque, che si propone come una guida alle etichette più interessanti da un punto di vista gastronomico e un aiuto a orientarsi per tutti coloro che vogliono avvicinarsi al mondo della degustazione delle minerali.
La carta delle acque è diventata una realtà in diversi ristoranti del mondo, a Berlino, ad esempio, un noto idrosommelier, Jerk Martin Riese, ha proposto una lista con ben quaranta etichette da gustare. Tra queste, alcune davvero originali, come la Vichy Catalan, molto salata e particolarmente indicata per le sue proprietà digestive e l’acqua piovana della Tasmania, che deve la sua particolarità al fatto di essere raccolta e imbottigliata prima che tocchi terra.
Come per i sommelier tradizionali, l’attività primaria dell’idrosommelier coincide con la degustazione.
Il gusto delle acque varia in base a diversi parametri, tra questi il livello di mineralizzazione, di ph e la percentuale di anidride carbonica, caratteristiche che cambiano in base alla provenienza e ai sali minerali che vengono assorbiti durante il percorso sotterraneo fino alla sorgente. Da queste e altre proprietà derivano i quattro gusti di base che può avere un’acqua, cioè la tendenza al salato, all’acido, al dolce e all’amaro. Un sommelier esperto, quando si appresta a valutare un’etichetta, deve saper isolare ed esprimere un giudizio su quattro tratti principali: il colore, l’odore, il sapore e i possibili abbinamenti con il cibo.
L’aspetto più interessante e curioso della professione di idrosommelier è quello che riguarda la capacità di abbinare una tipologia di acqua diversa a ogni tipo di piatto e portata. Anche se molto dipende dal gusto personale e dal genere del consumatore (sembra che le donne tendano a preferire acqua più dolce e povera di gas mentre gli uomini frizzante e dal gusto più deciso), la regola generale in materia di abbinamenti prevede l’accostamento di acque frizzanti a piatti a base di carne e formaggi, in quanto cibi di consistenza granulosa. Le acque naturali, invece, si sposano meglio con pietanze dal gusto più delicato. Il criterio da seguire nella formulazione degli abbinamenti è il rapporto tra effervescenza dell’acqua e consistenza del cibo: per i piatti “pesanti”e molto conditi si consiglia un’acqua più frizzante che ne smorzi e contrasti l’aspetto grasso; al contrario acque naturali o “piatte”, come si dice in gergo, sono adatte a gusti più tenui o dolci.

Il sommelier deve essere in grado di trovare anche il giusto abbinamento tra le acque e i vini, dal momento che il sapore delle prime può alterare la degustazione dei secondi. Secondo Arno Steguweit, uno dei più noti idrosommelier europei, a vini bianchi e leggeri si devono accostare acque frizzanti che aprano le papille gustative, mentre ai bianchi più acidi si abbinano acque naturali che addolciscono i tannini. Per quanto riguarda i rossi, ai più secchi si devono abbinare sempre acque naturali (le bollicine rompono l’armonia: separando i componenti creano un effetto disarmonico); per quelli più dolci l’abbinamento dipende dai gusti personali, in quanto le bolle marcano molto la sensazione di dolcezza.
Come il sommelier di vino, anche quello specializzato in acqua deve assaggiare, consigliare e servire, e anche per l’acqua il servizio segue regole precise. Innanzitutto occorre fare attenzione alla scelta del bicchiere: le naturali devono essere servite in calici bassi, le frizzanti in calici a stelo lungo, per evitare che il calore della mano possa scaldare il contenuto del bicchiere e quindi comprometterne le caratteristiche. Per quanto riguarda la temperatura, le naturali devono essere servite intorno ai 12 gradi, mentre le effervescenti a circa 10 gradi. È assolutamente vietato servire acqua con ghiaccio o limone: il primo anestetizza le papille gustative, mentre il secondo ne compromette pesantemente il gusto.
Oltre che oggetto di studio e di una professione, l’acqua è diventata un business vero e proprio. Da qualche anno, infatti, si è diffusa la moda dei water store, cioè negozi, o meglio boutique, che offrono acqua per tutti i gusti, e dei water bar (come il Bar à Bulles e Chez Colette a Parigi), interi locali deputati alla degustazione di questa risorsa che si sorseggia ormai come un drink. Con il prestigio acquisito dal prodotto, anche il marketing e il packaging hanno cambiato rotta adeguandosi alla nuova percezione. Niente più anonime bottiglie di vetro o plastica: trattando l’acqua come un bene di lusso indirizzato a una clientela facoltosa, si è cominciato a mettere sul mercato bottiglie di cristallo pregiato, dal design raffinato, confezioni firmate da grandi stilisti o particolarmente ricercate, come la famosa bottiglia in Swarovski della Bling H2O.

Sebbene sia ancora poco nota e diffusa, la professione di sommelier di acqua sta acquistando, col tempo, sempre maggiore prestigio e rilevanza e viene guardata con curiosità soprattutto all’estero. La specializzazione come idrosommelier può rappresentare un’ottima opportunità professionale per molti lavoratori del settore ristorativo che possono così pensare di accedere a contesti di eccellenza in cui le competenze in questa materia sono molto apprezzate.

Come stappare lo champagne?

1. Non fate il botto! Nello  il tappo andrebbe impugnato saldamente ed estratto ruotandolo leggermente, senza il “botto”. Oltre a non essere chic accelera la dispersione di aromi e profumi

2. Lo champagne andrebbe servito fresco, mai freddo. La temperatura ideale è tra gli 8 e i 10°C, per meglio apprezzarne aromi e caratteristiche, e il raffreddamento ideale quello nel tipico secchiello pieno di acqua e ghiaccio, per 20 minuti

3. Riempite il bicchiere solo per ⅔ affinchè gli aromi abbiano modo di sprigionarsi e ricordate che versando lo champagne in due tempi manterrete la persistenza del collare di bollicine in superficie ed eviterete spiacevoli “traboccamenti”

4. Le flute sono i calici più indicati per servire lo champagne in quanto coppe e bicchieri larghi lasciano sfuggire troppo rapidamente gli odori. I bicchieri da champagne andrebbero lavati solo con acqua calda e asciugati a testa in giù senza l’ausilio di canovacci

5. La bottiglia, anche se vuota, va sempre riposta in piedi nel secchiello con sopra il tovagliolo bianco (mai metterla a testa in giù una volta vuota!)